Non è facile indivinare la giusta taglia nello shopping online. Nell’abbigliamento non esistono misure precise per scarpe o pantaloni perchè le taglie dei vestiti sono diverse in ogni paese di produzione e azienda produttrice, anche per vanità di chi indossa gli abiti

Non sapete più come misurare le taglie dei vestiti o siete perplessi dal fatto che le misure reali sembrano cambiare in continuazione tra le diverse marche? Pensate di essere dimagriti, ingrassati o di avere messo su muscoli perchè non riuscite più ad entrare nella vostra taglia? Le scarpe vi sembrano piccole o troppo grandi? Non è solamente un vostro problema, ma l’unico modo per non fare errori è provare abiti e calzature nei negozi.

Con lo shopping online le cose ovviamente si fanno più complicate e il rischio di sbagliare taglia è grande. Anche se qualsiasi capo di abbigliamento può essere sostituito, può diventare una scocciatura rispedire il vestito al negozio online e attendere di nuovo che il pacco arrivi a casa. Quindi come fare a imbroccare la vestibilità perfetta? Cominciamo dallo scoprire chi ha inventato il sistema di misurazione dei vestiti attuale.

Indice

Storia taglie dei vestiti

Oggi per incentivare gli acquisti online le grandi aziende di abbigliamento si fanno aiutare dalla tecnologia. L’utilizzo di body scanner digitali capaci di ottenere una lettura più accurata della forma e delle dimensioni del corpo sembra essere il futuro, mentre apposite applicazione dovrebbero essere in grado di riprendere immagini in 3D del corpo per stabilire con massima precisione la vestibilità di ogni capo di abbigliamento acquistato online. In passato le cose andavano diversamente.

L’origine delle taglie per vestiti parte con la diffusione della moda di massa, dato che prima ogni abito veniva realizzato su misura da un artigiano. I sarti dovevano misurare tutte le parti anatomiche dei clienti per confezionare vestiti perfetti. Il cosiddetto abbigliamento prêt à porter, fatto cioè di vestiti ‘pronti a portare’, comincia nell’ottocento con le divise militari per la prima volta confezionate in serie sulla base della circonferenza toracica degli uomini.

Dopo la prima guerra mondiale il mercato del prêt à porter crebbe di molto anche per le donne che potevano trovare abiti più economici rispetto a quelli di sartoria. Standardizzare la produzione in base a misure standard per le donne però fu più problematico: i rapporti tra busto, vita e fianchi poteva essere molteplici. Gli indumenti nuovi confezionati nelle prime industrie di abbigliamento in serie, dovevano comunque essere modificati.

Taglie delle donne

Il Women’s Measurements for Garment and Pattern Construction lanciato nel 1939 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) cercò di stabilire nuovi standard nel rapporto tra peso e misure del corpo prendendo in considerazione 58 parametri di circa 15 mila donne bianche di sette stati degli Stati Uniti. Alla fine determinare la taglia dei vestiti rimasero solo 5 parametri: peso, altezza, circonferenza del busto, di vita e fianchi. Il peso poi venne scartato perchè sarebbe stato complicato pesare le persone nei negozi.

Dopo vari studi effettuati insieme alle industrie di abbigliamento, solo nel 1958 i nuovi standard denominati “Commercial Standard (CS) 215-58” vennero adottati per adattare i vestiti alle misure di uomini, militari, giovani e bambini. In particolare per le donne c’erano varie gamme di taglie per ragazze snelle e formose, che in qualche modo si adattavano alla forma imposta dalla tendenza del momento che il fisico della donna a ‘clessidra’.

Il modello di donna con spalle e fianchi larghi uguali e girovita più stretto con il passare dei decenni è cambiato insieme ai modelli estetici. Così anche gli standard delle misure nel 1970 sono stati aggiornati fino ad essere eliminati nel 1983. Da allora rimane solo il numero della taglia, se non per i grandi stilisti che utilizzano ancora le proporzioni di qualche decennio fa. In ogni caso oggi non esiste una misurazione univoca.

Misure italiane e straniere

Le misure delle taglie sui cartellini rimangono sempre e comunque indicative: ogni brand ha propria vestibilità e ogni persona si adatta in modo diverso alle misure. Esistono delle misure standard adottate come valide nei diversi Paesi del mondo che regolano le taglie dei vestiti in base alle dimensione del corpo. Con l’avvento dello shopping online conoscere i parametri di misurazione è diventato fondamentale ma non sempre corrispondono nella realtà.

A livello europeo c’è il modello EN 13402 messo a punto a partire dal 1996 dal Comitato Europeo di Normazione CEN/TC 248/WG 10 da cui è possibile conoscere i parametri di misurazione per definire le taglie. Ma non è così semplice. Tra Italia, Spagna e Francia ci sono alcune differenze da calcolare. In media si tratta di togliere 4 punti alla taglia originale per avere la corrispondente spagnola o francese.

La taglia 46 in Italia corrisponde alla 42 in Francia. e in Inghilterra esiste una misurazione ancora differente. Bisogna togliere 32 unità alla taglia di partenza: la 46 corrisponde alla 14 inglese. Il confronto con le taglie unisex americane invece è abbastanza semplice. Basta acquistare una taglia in meno per le magliette: la M in Italia corrisponde alla S in America. Mentre per i vestiti e cappotti bisogna togliere 10 unità e la 46 diventa 36. Meno 16 ai jeans (la 46 diventa 30) e per le camicie invece basta sottrarre 30.

Tabelle conversione taglie

Allargare le dimensioni dei vestiti senza aumentare il numero di taglia è una decisione che molte aziende del settore dell’abbigliamento adottano dopo attenti studi di psicologia e marketing. Dato che i consumatori fanno di tutto per sembrare in forma tra palestre e diete massacrati, il segreto delle vendite si chiama ‘vanity sizing’. Rinfacciare ai potenziali clienti di essere grassottelli potrebbe essere controproducente. Meglio allargare le taglie senza farlo sapere.

Tutti sono confortati dall’esibire una taglia più piccola: donne fiere di una 44 e maschietti ben orgogliosi di una 48. Il risultato è che dagli anni ’70 ad oggi la misura della taglia 48 da donna dei pantaloni è cresciuta di circa 10 centimetri sulla vita. Sui fianchi la misura è aumentata di oltre otto centimetri arrivando ad assomigliare alla vecchia taglia 52, e così per tutte le altre misure. I nostri nonni erano sicuramente più magri e vestivano una taglia minore rispetto ad oggi.

Ma quali sono le giuste misure? Per rendere le cose più semplici esistono delle tabelle di conversione delle taglie che consentono di trovare tutte le indicazioni tra specifiche proporzioni della propria conformazione corporea. Il consiglio generale per jeans e pantaloni è verificare anche la lunghezza, spesso esiste la possibilità di acquistare modelli più o meno lunghi di gamba.

Moda curvy

Con la moda curvy la misurazione è ancora diversa da quella classica. La distinzione è tra taglie calibrate quasi tradizionali e altre più grandi e conformate. Queste ultime sono create per aderire alle forme del corpo a seconda della tipologia della persona. Le così dette taglie forti o taglie comode sono confezionate appositamente per soddisfare donne uomini che hanno misure più grandi e non le vogliono nascondere.

Se rappresentare nelle pubblicità modelle scheletriche con foto magari modificate da photoshop non è sano per tutte le ragazze in cerca di modelli da imitare, c’è chi non ha nessuna intenzione di adeguarsi ai modelli di magrezza delle sfilate o fingere una taglia impossibile da indossare. Se una alimentazione squilibrata e poca attività fisica favoriscono il sovrappeso, anche la moda punta sulle forme curvy.

Universal Standard ad esempio è un brand dedicata alle donne che non si preoccupano della taglia ma vogliono essere libere di scegliere come vivere il loro fisico. In fondo la magrezza come sinonimo di bellezza ed eleganza è solo un fatto recente imposto dalla moda. Qualche decennio fa nessuno per vanity sizing avrebbe fatto a meno di una taglia 50. L’alternativa per non sbagliare taglia è confezionare vestiti fai da te imparando a cucire secondo i propri gusti e le giuste forme.