Spreco alimentare in bidone della spazzatura

Lo spreco alimentare è un grave problema globale che causa danni ambientali e sociali enormi. Il cibo sprecato consuma risorse e contribuisce all’inquinamento e alla fame nel mondo. Soluzioni ed iniziative nel mondo per un futuro sostenibile

Lo spreco alimentare è uno dei maggiori problemi della società moderna dato che causa dispendio di acqua ed energia e inquinamento. Enormi quantità di alimenti ancora commestibili finiscono nella spazzatura rappresentando circa un terzo dei rifiuti prodotti complessivamente dall’uomo. Sprecare incide sulla spesa delle famiglie, ma sopratutto su ambiente e vita delle persone. Come favorire un consumo consapevole?

La coscienza anti spreco alimentare è fatta di tanti piccoli accorgimenti quotidiani: riciclare avanzi in cucina, fare la spesa in modo oculato. In Italia chiedere il doggy bag al ristorante non è diffuso, come portare via una bottiglia di vino aperto. Siamo tra i più spreconi d’Europa anche se qualche primo risultato sembra arrivare dopo le recenti norme sulla conservazione degli alimenti. Cerchiamo di capire meglio il problema e le possibili soluzioni.

Indice

Spreco alimentare in Italia

Il cibo buttato in Italia è pari a 17 tonnellate che corrispondono a 11 miliardi di valore economico, ma soprattutto causa una perdita di oltre 10 miliardi di metri cubi d’acqua. Lo spreco alimentare vale 16 miliardi di cui circa 1 persi in ogni fase di produzione, trasformazione industriale e grande distribuzione. Secondo un recente sondaggio dell’Osservatorio internazionale dell’Università di Bologna, ogni anno gli italiani buttano il 25% della spesa alimentare acquistata. E’ come se ogni famiglia italiana buttasse 145 kg di cibo con una spesa dai 350 ai 450 euro all’anno.

Dove si spreca più cibo? In testa i supermercati (36%), poi i ristoranti (18%), le famiglie (15%), le mense scolastiche (12%), gli ospedali (11%) e le mense di lavoro (8%). Sono le donne ad avere una maggiore consapevolezza del problema ma non basta anche se l’Italia è al quarto posto del food sustainability index realizzato dalla Fondazione Barilla. Si tratta di un indice che mostra l’impegno in sostenibilità alimentare della filiera alimentare industriale che riguarda anche il packaging con cui sono confezionati gli alimenti.

Il cibo buttato in Italia nello specifico è rappresentato nel 32% da formaggi e latticini, 30% carne, 29% di uova, il 28% da pasta e pane, il 17% da frutta e verdura e il 15% di pesce. Lo sperpero complessivo è di circa 1700 euro a famiglia. L’osservatorio sugli sprechi alimentari Waste Watcher realizzato in collaborazione con l’Università di Bologna sottolinea come a finire nel cestino sono le confezioni già aperte, in particolare di frutta, verdura e insalata.

Sembra che la maggior parte delle persone non abbia ancora capito il valore del cibo e non solo dal punto di vista economico, dato che ci sono quasi 800 milioni di poveri nel mondo che non hanno una adeguata alimentazione. Di fronte a questa urgenza con quale coraggio buttare nella spazzatura il pane avanzato o lasciare marcire nel frigorifero l’insalata? Serve sensibilizzare le persone e non solo quando consumano pasti a casa, ma anche al ristorante.

Spreco alimentare nel mondo

L’Istituto Svedese per l’Alimentazione e le Biotecnologie ha stimato che paesi industrializzati e in via di sviluppo buttano alimenti rispettivamente per 670 e 630 milioni di tonnellate. In Europa e Nord America ogni anno si sprecano dai 280 ai 660 chili a persona, più del doppio rispetto ai paesi africani e del sud est asiatico. In America il cibo buttano corrisponde a 131 miliardi di euro, mentre l’Europa è un continente sciupone che nel suo totale butta quasi 100 milioni di tonnellate di prodotti della filiera alimentare.

La Fao indica in 1,3 miliardi di tonnellate il cibo sprecato nel mondo per un valore di 750 miliardi di euro.Il 54% del cibo buttato ha origine casalinga. Per i soli prodotti vegetali lo scarto arriva fino al 40% del peso totale dell’articolo. Mancata attenzione di scadenze, conservazione errata o spesa eccessiva sono i motivi che alla fine producono solo in Italia quasi 4 milioni di tonnellate di scarti per un valore di 15 miliardi.

Nel mondo secondo gli ultimi rapporti della Fao le cifre sono addirittura di 1,3 miliardi di tonnellate per 128 miliardi di euro che, oltre a considerare all’impatto ambientale, potrebbero certamente anche essere distribuiti in modo migliore. Ma innanzitutto qualcosa può essere fatto all’interno delle famiglie ma anche rendendo più facili le donazioni per recuperare gli alimenti lungo tutta la catena alimentare.

Spreco e fame nel mondo

L’altra faccia dello spreco alimentare è la fame nel mondo con un impatto economico globale del cibo buttato che compreso lo smaltimento arriva a 2,6 trilioni di dollari. Davanti a queste cifre è impossibile non pensare ai 200 milioni di bambini che nel mondo soffrono la fame e che fanno crescere le disuguaglianze. Secondo i dati di savethechildren 6,9 milioni di bambini muoiono ogni anno a causa di malnutrizione o problemi collegati e 819 milioni sono persone con gravi carenze nutrizionali.

Se famiglie dei paesi poveri spendono tra il 50% e l’80% del loro reddito per sfamare i figli, quelle italiane il 14.4%, mentre in america per i prodotti alimentari si spendono il 5.5% delle risorse economiche delle famiglie. Per eliminare la fame nel mondo quindi non serve produrre di più, basterebbe eliminare lo spreco alimentare e ridurre le inefficienze che riguardano produzione e distribuzione.

Eccesso di offerta, packaging inadatti e ignoranza dei consumatori fanno il resto, specialmente nei paesi occidentali di America ed Europa, fino ad arrivare a circa 660 calorie perse di alimenti commestibili per ogni abitante sulla terra. Con il cibo sprecato potrebbero mangiare 2000 calorie al giorno 1,9 miliardi di persone alimentandosi con una dieta sana ed equilibrata.

In Cina l’import di frutta e verdura raggiunge i 100 milioni di tonnellate all’anno, dei quali 35 milioni sono scartati per 25 miliardi di euro di perdite. Per questo motivo per i 1,4 miliardi di abitanti cinesi la regola “Guang pan xing dong” (Pulite il vostro piatto) è diventata legge. Le norme prevedono di punire clienti e ristoratori sorpresi a lasciare avanzi nel piatto con multe fino a 10 mila yuan (1.200 euro).

Cause spreco alimentare

Secondo molti studi le principali cause dello spreco alimentare sono l’ignoranza, il troppo benessere e la pigrizia di fondo delle persone. Gli alimenti vengono buttati dai consumatori ovviamente perchè producono muffa (41%), frutta o verdura vanno a male (34%), oppure i prodotti alimenti hanno un sapore alterato o cattivo (25%) o sono scaduti. Un pò più di attenzione si dedica al pane e alla carne, che evidentemente si deteriorano meno o conservano meglio in frigorifero.

Come non bastassero tutti gli sprechi già visti, è necessario osservare come una notevole percentuale di cibo buttato riguarda il cibo brutto da vedere all’origine. Cosa significa? Si tratta di 50 milioni di tonnellate di frutta e verdura che a livello europeo vengono scartate perché non corrispondono ai canoni estetici dei consumatori. Mele, agrumi, kiwi o carote troppo piccole che secondo uno studio dell’università di Edimburgo finiscono nella spazzatura perché la regolamentazione Europea non li considera adatti al commercio.

Il cibo buttato perché brutto da vedere rappresenta circa il 33% della produzione agricola in Europa e ovviamente ha un impatto notevole sia dal punto di vista economico che sull’ambiente. Per coltivarlo vengono spese e impiegate energie che hanno un impatto sull’ambiente equivalente all’emissione di di 400 mila veicoli. Una vera assurdità a cui secondo i ricercatori è necessario porre rimedio con nuove idee che fanno dell’imperfezione una virtù.

Soluzioni spreco alimentare

Per ridurre lo spreco alimentare basterebbe fare la spesa in modo più attento per non fare finire cibi scaduti, verdure e frutta andati a male nel cassonetto. Ad esempio guardando la data di scadenza, acquistando solo le dosi che si devono effettivamente mangiare ed eventualmente finendo il cibo avanzato nel pasto successivo. Serve quindi più informazione, campagne, istruzioni e consapevolezza. Basterebbero due conti per capire anche quanto si potrebbe risparmiare in termini di denaro: circa 650 grammi di alimenti, ovvero 7 euro al giorno a famiglia.

Riducendo lo spreco in cucina c’è un risparmio economico che comincia dal portafoglio di ogni singolo cittadino e finisce in una maggiore sostenibilità delle risorse a livello globale. Francia, Germania e Spagna sono i paesi più virtuosi, l’Italia arriva subito dopo. L’europarlamento vuole intervenire direttamente sull’argomento con leggi condivise dalle varie nazioni che per ora vanno in ordine sparso. In Francia una legge obbliga i supermercati a donare alle onlus il cibo invendutoe anche in America si raccolgono alimenti deperibili regalandoli a persone bisognose a basso reddito dopo averli raccolti da ristoranti e produttori alimentari.

Per ridurre lo spreco di cibo c’è da cambiare una mentalità che in generale vede nel consumo l’unica forma di benessere. Alcune iniziative come quella del Food Sustainability mirano proprio a sensibilizzare l’opinione pubblica offrendo tra l’altro un vademecum con alcuni consigli per imparare a riciclare gli alimenti. Risparmiare soldi e guadagnare in salute è semplice, basta osservare alcuni suggerimenti, dato che tutto inizia dal carrello della spesa.

Per prima cosa programmare i menu nei giorni pensando a cosa si vuole cucinare aiuta ad immaginare cosa serve davvero. Acquistare ciò che serve di cui si ha davvero bisogno controllando dispensa e frigorifero. Acquistare prodotti freschi una volta alla settimana solo se si consumano prima che perdano le loro caratteristiche. I prodotti surgelati possono essere tenuti di scorta, così come il pane. Infine imparare a cucinare con gli avanzi, utilizzandoli in ricette combinate.

Risparmiare gas ed energia

Quanto consumano i fornelli? Tutto dipende dal cibo che si vuole preparare e dagli strumenti utilizzati, ma possono bastare alcuni semplici consigli per risparmiare soldi ed emissioni, senza arrivare a soluzioni complesse che necessitano l’introduzione di nuove tecnologie. Fondamentale sarebbe ottimizzare gli impianti e utilizzare energie alternative, ma si può cominciare con l’eliminare gli sprechi più evidenti.

La crisi economica d’altronde ha portato un nuovo vento che a partire da una maggiore consapevolezza sui consumi, parla di sostenibilità. Risparmiare cucinando con abilità può diventare una abitudine, mentre l’utilizzo di padelle e pentole della giusta dimensione aiuta a non disperdere il calore dei fornelli. Infine si possono trovare soluzioni alternative che sfruttano il calore rilasciato dai cibi subito dopo il breve momento della cottura tradizionale.

Se si utilizza il forno, eliminare preriscaldamento e non aprirlo durante la cottura dei cibi, magari cercando di sfruttare il calore della cottura per più alimenti. Si può spegnere il gas prima che il cibo sia cotto, dato che il calore residuo è perfetto per cuocere risparmiando sulla bolletta del gas. Le pentole devono avere la giusta dimensione rispetto al bruciatore: usare piccole pentole con grandi bruciatori e viceversa fa sprecare energia inutilmente.

Il frigorifero è l’elettrodomestico che consuma più energia di tutta la casa. Per risparmiare senza sprecare decine di euro all’anno, basta regolare il termostato su una temperatura giusta (2 su una scala 1-5) non eccessivamente fredda ed evitare di aprirlo in continuazione. Infine la temperatura della lavastoviglie non deve essere troppo elevata. Se i piatti non sono troppo sporchi e vengono prima risciaquati sotto al rubinetto, può bastare l’acqua fredda o tiepida. Riempire la lavastoviglie sempre bene dato che il ciclo di lavaggio è uguale con ogni tipo di carico.

Cuocere e conservare cibo

Tra i principi base dell’ecologia domestica per prima cosa quando si cuoce il cibo non bisogna mai dimenticare di utilizzare il coperchio. Forno a microonde, pentola a pressione e tostapane assicurano un risparmio energetico maggiore rispetto al forno tradizionale e alle classiche pentole sui fuochi. Per cuocere i cibi esistono anche soluzioni ecologiche brevettate da aziende leader nel settore delle tecnologie rinnovabili.

Si chiama Wonderbag e può prolungare il calore mantenendo la cottura nella pentola per ore. Un vero rimedio contro la penuria energetica è l’utilizzo di sacche isolanti che trattengono il calore e il freddo inventato da Sarah Collins è perfetto come metodo di cottura lenta. Il calore si mantiene anche dopo che la fonte energetica è stata spenta e può essere utile per le popolazioni in via di sviluppo come vero e proprio strumento di sopravvivenza.

PowerPot è una pentola che riscalda l’acqua e nello stesso tempo diventa un generatore termoelettrico leggero che converte il calore in energia elettrica a corrente continua. Come dire che oltre a riscaldare la minestra la fantastica pentola può caricare lo smartphone. OnEPuck è una piastra che genera energia elettrica dalle differenze di temperatura. L’elettricità prodotta viene poi incanalata e in seguito utilizzata un modo da ricaricare un telefono cellulare o altro dispositivo mobile utilizzando una bevanda calda o fredda.

Oltre a non sprecare cibo ed energia, la logica del mangiare sostenibile ritiene utile utilizzare utensili e contenitori costruiti in materiali che durano nel tempo e che non inquinano. Per quanto riguarda i contenitori e le pentole migliori è meglio preferire materiali come acciaio inossidabile, vetro, ghisa e legno. Meglio non usare contenitori e imballaggi in plastica, alluminio, o realizzati con materiali siliconici e il Teflon.

App contro spreco di cibo

Lo spreco alimentare riguarda sia la grande distribuzione che i piccoli negozi alimentari, circa 340.000 in tutta Italia. Pescherie, gastronomie e banchi del mercato, tutti con lo stesso problema: come smaltire il prodotto fresco invenduto o in scadenza? Per ridurre lo spreco di cibo c’è anche chi utilizza delle apposite app di social market. Un nuovo di fare la spesa che favorisce il recupero di prodotti freschi non venduti che rischiano di finire nel cassonetto, utile sia ai piccoli negozianti, che possono vendere le eccedenze, sia ai clienti che acquistano in sconto merce fresca vicino a casa.

L’applicazione ‘Last Minute sotto casa‘ fa parte di un progetto dell’Università Bologna per coinvolgere organizzazioni no profit impegnate nel coordinare il recupero di prodotti alimentari e oggetti di vario genere, in un’ottica di risparmio in loco, a chilometro zero. Basta registrarsi sul portale e specificare il luogo in cui si vive e il tipo di prodotti ricercati. Una email informa dove e a quale prezzo gli alimenti sono disponibili.

In tutta Italia questo e altri sistemi di Last Minute Market su larga scala sono già attivi da molti anni. Ipermercati, supermercati, mercati, mense scolastiche e aziendali, ospedali sono i diretti interessati insieme ad aziende private e pubbliche. Non solo alimenti ma nella logica anti spreco ci sono anche che offrono libri, mobili, elettrodomestici e tanti altri prodotti utili per un discorso di prevenzione rifiuti da estendere su tutto il territorio italiano.

Legge contro spreco alimentare

La legge contro lo spreco alimentare in Italia ha favorito una maggiore valorizzazione del riciclo degli alimenti in eccedenza ancora commestibili e dei farmaci validi. Al contrario della Francia dove la legge antispreco è supportata da sanzioni importanti per negozi e supermercati che non la rispettano, in Italia sono previsti solo incentivi. Per ridurre ulteriormente lo spreco e favorire l’ambiente, oltre alle norme serve una nuova mentalità anche da parte della popolazione.

Secondo i dati della Coldiretti lo spreco alimentare prima della legge era valutato in 12,5 miliardi all’anno. Più del 50% concentrato nel privato, il 20% nella ristorazione, il 15% riguarda i supermercati per finire con l’8% riservato al settore agricolo. Il cibo salvato dalla spazzatura è aumentato del 20%, da 3 milioni e 400 mila chili fino ad oltre 4 milioni di chili. Tutto grazie ad una riduzione della burocrazia con nuove linee guida per agevolare agricoltori, ristoratori, supermercati e servizi no profit interessati a riciclare e riutilizzare gli alimenti scartati.

Per raggiungere questi risultati è bastato inoltre prevedere sconti sulla tassa dei rifiuti nei comuni interessati, da calcolare in base alla percentuale di cibo donato. Al nord l’aumento è del 17,4% che diventa del 50,6% al centro e del 125,7% al sud. Oltre ai privati è in particolare la grande distribuzione ad avere trovato sbocco a varie iniziative anche umanitarie per donare il cibo ancora buona ai più bisognosi. La stessa cosa vale per le navi da crociera che ora possono destinare gli avanzi ad associazioni come la Caritas.

Frigoriferi solidali: donare cibo

L’idea dei frigoriferi solidali, nata in Spagna nel 2015 e diffusasi in Brasile, India e Argentina prima di arrivare in Europa, consiste nel mettere a disposizione di chi si trova in una situazione indigente un frigorifero che contiene alimenti avanzati o a breve scadenza. Se cucinare gli avanzi è una vera e propria arte e un modo per ridurre gli sprechi per la salvaguardia del pianeta, non buttare ciò che si avanza in cucina o nella spesa è un modo per fare solidarietà ed aiutare i più bisognosi.

E’ il caso dei Community Fridge che a New York si sono diffusi un pò in tutti i quartieri da Harlem a Brownsville per combattere lo spreco ma soprattutto il peggioramento della crisi economica generato dalla pandemia che coinvolge oltre un milione di persone. Organizzati in modo autonomo ed autogestito, questi ditributori di cibo si basano sulla reciproca fiducia: ognuno prende solo ciò di cui ha davvero bisogno. Si possono trovare alimenti come frutta, verdura, legumi ma anche latte, uova e carne.

I frigoriferi solidali si trovano nei pressi di negozi come supermercati, ristoranti e bar, ma anche iprivati cittadini possono riporvi alimenti avanzati che altrimenti finirebbero nella spazzatura. Esperimenti contro lo spreco di cibo avanzato sono stati fatti anche in Italia da associazioni caritatevoli, onlus ed esercizi commerciali affinchè le persone in difficoltà economiche possano utilizzare alimenti ancora pienamente commestibili. Un esempio è l’associazione Onlus Kenda di volontari che raccolgono il cibo presso negozi, catering di matrimoni e privati, distribuendolo attraverso frigoriferi con vetrinetta.