Dopo il boom dei dischi in vinile anche il formato delle musicassette a nastro magnetico sembra ritrovare una nuova gioventù. Dalla storia della registrazione a bobina fino all’invenzione di audiocassette che hanno fatto un’era musicale

Ogni supporto musicale segna un periodo storico e le musicassette a nastro magnetico sono state il simbolo degli anni ’80. E’ stato il Walkman Sony a consacrarne il successo in nome della portabilità, fino a quando cd e musica digitale le hanno relegate nel dimenticatoio. Oggi sembrano rinascere, grazie all’onda lunga dei dischi in vinile, di cui si parla sempre più come di fenomeno di costume.

La cosidetta retromania in America e nel mondo infatti non riguarda più solo gli Lp a 33 giri, le cui vendite crescono del 50% all’anno mettendo in crisi la capacità produttiva del settore. Oggi anche le musicassette stanno aumentando di valore per collezionisti e appassionati. Un lieto fine per un supporto musicale popolare, molto amato e odiato. In questo articolo scopriremo le origini delle audiocassette e ne ripercorreremo la storia dalla loro invenzione ad oggi.

Indice

L’era delle musicassette

Siamo portati a pensare che il rapporto tra musica ed emozioni sia solo fatto di canzoni e note. In realtà anche i supporti fisici hanno una parte importante in un percorso di vita. Chi non è più giovanissimo ad esempio si ricorderà perfettamente quanti sogni ha inciso su quelle piccole musicassette a nastro magnetico. Quasi ad anticipare l’era delle playlist digitali, le audiocassette offrivano la possibilità di realizzare compilation dei propri brani preferiti da regalare ad amici, fidanzate, o da portare alle feste e nei viaggi in auto.

Le cassette audio erano molto economiche anche se il loro utilizzo comportava una serie di problemi pratici e una qualità d’ascolto non proprio eccelsa. Tra fruscii e continue rotture di nastro, i diversamente giovani si ricorderanno come la penna Bic fosse il miglior rimedio per riavvolgere chilometri di nastro fagocitato dal mangiacassette in automobile. Una volta arrivati i cd sul mercato, le musicassette non hanno avuto più nessuna ragione di esistere. A parte le dispute tra suono digitale e analogico, il progresso tecnologico porta sempre comodità e qualità audio superiore.

Le musicassette per la loro economicità e grazie alle dimensioni contenute, si diffusero molto velocemente ad iniziare dal 1963, anno in cui furono presentate dalla Philips al Berlin Radio Show. Lou Ottens fu l’ingegnere che di fatto inventò le ‘Compact Cassette’ per conto dell’azienda olandese, riuscendo a migliorare le cartucce dei sistemi di registrazione magnetica portatili.

La registrazione a nastro

L’idea della registrazione sonora a nastro è di inizio novecento. Un nastro di plastica ricoperto di microparticelle viene magnetizzato in fase di scrittura trasformando le vibrazioni del suono in campo magnetico. Nella fase di lettura una testina lo riconverte in segnale elettrico che, una volta amplificato, ricostruisce le vibrazioni emettendole attraverso il suono dagli altoparlanti.

Il primo registratore a bobina aperta costruito dalla AEG negli anni ’30 fu il Magnetophon. L’apparecchio, inizialmente pensato per registrare messaggi in guerra, fu poi rielaborato negli anni Cinquanta anche per registrare musica. Il problema era rendere accessibile ai consumatori questa modalità di ascolto. Dalle grosse bobine ingombranti si arrivò quindi alle prime cartucce presentate nel 1958 dall’azienda americana RCA col nome di Tape cardridge, il precursore delle audiocassette.

Musicassette a cartuccia

Compito dell’ingegnere Lou Ottens alla Philips fu rendere le musicassette più compatte e affidabili. A capo di un team di 40 ingegneri belgi e olandesi, cominciò dallo stabilire le dimensioni, che dovevano essere molto ridotte (circa come un pacchetto di sigarette), contenendo un’ora di suono. Si trattava di decidere la velocità di scorrimento migliore compatibilmente con le dimensioni e la qualità sonora.

Dopo i primi prototipi, il 30 agosto 1963 la versione definitiva delle musicassette fu presentata ad una fiera di elettronica di Berlino. Inizialmente non ottennero un grande successo, che arrivò invece un anno dopo quando furono messe sul mercato con il nome di ‘Compact Cassette’. Contrariamente ai vinile si trattava di un supporto economico, di piccolo ingombro che poteva contenere 46, 60 e 120 minuti di musica.

La definitiva consacrazione delle audiocassette avvenne nel 1966, quando Ottens le portò in Giappone convincendo la Sony a collaborare affinchè diventassero uno standard ufficiale della registrazione e della discografia. Nel 1979 fu proprio il Walkman Sony il primo lettore di musicassette portatile di successo. Si calcola che in totale ne siano state vendute oltre 100 miliardi in tutto il mondo.

Il successo del Walkman Sony

Il Walkman Sony rappresenta una pietra miliare nella storia delle musicassette. E’ stato il primo dispositivo portatile a rivoluzionare la fruizione musicale, aprendo la strada di quello che sarà l’iPod della Apple prima dell’ascolto in streaming attuale via smartphone. Nel 1979, in piena era hi-fi, quando lo status era avere in casa un impianto stereo professionale che suonasse bene, il fondatore della Sony Akio Morita, contro tutti e tutto, scommette sulla produzione di un piccolo registratore portatile a cassetta da ascoltare in cuffia.

Negli anni ’80 il fatto di potere ascoltare musica ovunque rappresentò una vera svolta nel costume dei cittadini di mezzo mondo. Sembra non aspettassero altro che accompagnare con un sottofondo le attività quotidiane, il fare jogging e gli spostamenti in autobus e metropolitana, magari condividendo le canzoni con un amico grazie alle due uscite per le cuffie di cui alcuni modelli erano dotati. Malgrado il prezzo non proprio economico dei primi modelli, circa 500 euro attuali, il successo del Walkman fu incredibile. Alla fine Sony ne venderà in tutto il mondo oltre trecento milioni di unità.

Oltre a portare ai massimi livelli l’utilizzo delle musicassette, il Walkman ha lanciato la mania dell’ascoltare musica e compilation personali con le cuffiette tipiche dei giovani. Una modalità di fruizione musicale che è tutt’altro che finita, con tutti i pro e i contro del caso discussi in ogni ambito pedagogico e scientifico. Infilarsi le cuffiette è diventato un gesto automatico e consueto che nasconde una voglia di isolamento ma anche di indipendenza e autonomia.

Cassette Stereo 8

Stessa fragilità e attitudine all’inceppamento era quello del formato delle  cassette Stereo 8. Nate nel 1966, avevano un involucro più grande delle musicassette e un nastro magnetico a ciclo continuo da un quarto di pollice. Tra gli anni ’60 e ’70 ci fu un vero boom del loro utilizzo sulle autoradio delle automobili più prestigiose. Successivamente arrivarono negli stereo casalinghi, fino a rappresentare un terzo della musica fisica venduta negli Stati Uniti.

Oggi rimangono come oggetto vintage da collezionismo specialmente per alcuni album che si trovano ancora solo in poche copie. Titoli come The dark side of the Moon dei Pink Floyd si trovano a qualche centinaio di euro sui siti specializzati di vintage e memorabilia, mentre ci sono chicche come il disco Sinatra e Jobim uscito in Stereo 8 nel 1969 che vengono scambiate a quasi 5 mila euro anche durante l’8 Tracks day.

Musicassette piacciono ancora?

Ma oggi perchè dovremmo interessarci ancora alle musicassette a nastro magnetico? Il fatto è che più si parla di streaming, musica liquida e digitale, più nella gente cresce la voglia di tornare a toccare con mano ciò che ascolta. In più le vecchie audiocassette, oltre al fascino dell’oggetto fisico, hanno un ulteriore vantaggio rispetto ai vinile: costano poco e qualsiasi band ha i mezzi per registrarle, produrle e metterle in vendita in modo autonomo.

A dire il vero c’è chi non ha mai abbandonato le musicassette. Sono i generi di nicchia come il noise, l’industrial music, ma anche il punk o il garage. Tanti gruppi e band giovanili che suonano questo tipo di musica le producono anche in casa a costi irrisori. Il loro pubblico con 5 o 6 dollari può acquistare un album completo e insieme riscoprire il gusto di pigiare sui tasti con forza: play, rewind, forward, stop e pause.

Cassette store day e mercato

L’effetto nostalgia interessa molto da vicino anche gli esperti di marketing delle case discografiche. Se per i dischi in vinile ogni anno c’è il Record Store Day a riaccendere le discussioni sui formati fisici e digitali e sul loro appeal tra giovani e meno giovani, ora c’è anche un Cassette Store Day. E’ nato a Londra ma ci sono eventi in ogni parte del mondo. Secondo una recente ricerca vinile e cassette piacciono a bambini e ragazzi ancora più del download e della musica digitale.

Ma i dati dicono che sono le musicassette, date da tutti come finite da tempo, a ritrovare una seconda giovinezza. Le ascolta il 5% dei giovani, cifra che sale al 10% tra la fascia di età 18-24 anni, al 13% tra i ragazzi di 25-34 anni. Nel complesso degli intervistati anche i vecchi vinile sono al 10%, ma salgono al 26% tra i 25 e 34 anni, mentre lo streaming è diventato il mezzo in assoluto più usato per ascoltare musica.

Album su musicassette

Il fascino delle musicassette, oltre a colpire band indipendenti e artisti squattrinati, ha recentemente spinto gruppi famosi ad utilizzarle. I Pearl Jam hanno ripubblicato un demo tape dell’album Ten. I Goldfrapp, oltre alle versioni su cd, vinile e download digitale, hanno reso disponibile l’album Head first anche su nastro analogico. Così ha fatto anche l’idolo dei teenager Justin Bieber con Purpose e pure Kanye West con Yeezus.

Anche se queste operazioni sono significative di una esigenza del mercato, per adesso non si tratta di grandi numeri. Secondo il rapporto annuale Nielsen le musicassette hanno venduto 129 mila copie. Ben poca cosa rispetto ai 13,1 milioni di dischi in vinile, o ai 105 milioni di cd venduti. Ma l’incremento rispetto allo scorso anno delle vendite di nastro magnetico è stato del 74%. C’è un mercato fiorente di nastri vergini utilizzati dalle piccole band. Negli Usa nel 2015 ne sono state vendute 250 mila con un incremento del 645% sul 2014.

La National Audio Company di Springfield, in Missouri, maggiore società americana che ancora produce musicassette e detiene il 95% del mercato, lo scorso anno ne ha stampate ben 10 milioni di copie. Il 70% acquistate dalle major discografiche insieme alle piccole etichette indipendenti. La Recording Association of America sta prendendo in considerazione la possibilità di tornare a monitorare le vendite di album su nastri a cassetta: non succedeva dal 1990.

Chi acquista musicassette?

Viene da chiedersi chi siano gli acquirenti delle musicassette magnetiche. Forse vecchi nostalgici rimambiti a spasso al parco con cane e Walkman? Nemmeno per idea. A trainare il mercato alla riscoperta del suono analogico sono gli under 35 a caccia di esperienze di ascolto diverse. I giovani vogliono un rapporto più intenso con la musica che elimini la mania di saltare le tracce come tipica dello streaming.

Un’altra componente che risulta affascinante è il suono vintage a bassa fedeltà, ben diverso dalla musica digitale. Molto meglio di avere migliaia di dischi su iPod e lettori mp3 grandi come scatole di fiammiferi, e anche di raccolte infinite di brani in streaming sullo smartphone, anche a gratis in cambio di spot. Tutto molto comodo, ma qualcuno va ancora in giro per mercatini a rovistare tra vinili sperando di ritrovare le mitiche Basf e Tdk ferro-cromo.

Il futuro è davvero solo digitale?

Le musicassette hanno ancora una quota irrisoria rispetto al mercato complessivo. Solo tra lo 0,2% e lo 0,3% delle vendite di album negli Stati Uniti sono stati su nastro magnetico negli ultimi tre anni. La loro riscoperta è solo un fenomeno temporaneo o c’è qualcosa che va al di là delle mode del momento? Certo è che il modo in cui ascoltiamo musica va ben oltre il puro aspetto tecnico o economico, ma si riflette nei comportamenti e negli stili di vita. Non si tratta di essere nostalgici dai 40 anni in su alla riscoperta delle emozioni del passato.

Ragazzini e teenagers delle nuove generazioni sono pronti a rispolverare con entusiasmo i vecchi impianti hi-fi dei padri per ascoltare vecchi e nuovi 33 giri e musicassette. Sembrano felici di ascoltare finalmente un suono degno della qualità originale essendo arci noto che tra digitale e analogico non può che vincere il secondo. Qualsiasi genere di cuffia infilata nell’orecchio non potrà restituire un suono decente, con bassi che si perdono e vibrazioni che non esistono. I giovani se ne stanno accorgendo o la voglia di vintage è solo una moda passeggera?