ragazza ascolta musica in cuffia

Perchè amiamo determinate canzoni o generi musicali? Il rapporto tra musica e personalità al di là di esperienze, conoscenze o sensibilità individuali. Oltre ai gusti soggettivi esistono comportamenti sociali che influiscono su quello che ascoltiamo

Quale rapporto c’è tra musica e personalità e come il carattere individuale influisce su quello che ascoltiamo? Mentre qualcuno adora determinati generi musicali, altri li odiano. Ma cosa ci fa dire “bel pezzo, canzone stupenda…” oppure “musica noiosa, anzi deprimente”? Quando si parla di bello e brutto ognuno ha la propria opinione ed è sempre convinto di avere ragione, come in molti altri campi d’altronde.

Per giudicare una canzone però ci bastano pochi secondi e spesso siamo molto netti nell’affossare o apprezzare brani, cantanti, artisti e generi. Raramente ci affidiamo a criteri estetici o di comprensione del linguaggio musicale. Se le esperienze e le conoscenze musicali non c’entrano da cosa dipendono i nostri gusti musicali? Dalla personalità: siamo davvero quello che ascoltiamo.

Indice

Musica e identità personale

I servizi di streaming musicale fanno a gara nel proporci nuova musica pensando di intercettare i nostri gusti. Cosa ci convince ad ascoltare un brano fino alla fine o a saltare a quello successivo? Appena inizia una canzone e le onde sonore arrivano alle nostre orecchie il cervello elabora delle informazioni come fa con qualunque linguaggio. Tutti lo facciamo in modo inconsapevole e differente, a seconda del livello di conoscenza.

Quando inizia una canzone ci concentriamo subito su ritmo, melodia, armonia, timbro della voce, sonorità utilizzate nell’arrangiamento e orchestrazione. Ma poi c’è qualcos’altro che ci convince a proseguire o meno nell’ascolto che non c’entra nulla con la musica. Ha a che vedere con l’identità personale, una materia discussa in ambito filosofico da molti secoli, un concetto astratto che va oltre la sensibilità e riguarda la personalità.

L’identità personale è la rappresentazione che abbiamo di noi nel mondo. É un carattere umano molto importante, specie di questi tempi confusi. Non solo aiuta a capire chi siamo, ma definisce il ruolo e il senso della nostra vita nella società. Ogni identità individuale si costruisce fin da piccoli basandosi su storia familiare, incontri, esperienze personali e professionali e si rappresenta attraverso la personalità. Pensieri, idee, atteggiamenti diventano scelte a livello politico, etico, estetico ed anche musicale.

Siamo quello che ascoltiamo

Ascoltare musica ovviamente è solo una delle tante attività che ci impegnano tutti i giorni. La gente dorme, studia, lavora e nel tempo libero oltre ad ascoltare canzoni legge libri, guarda la televisione e va al cinema, passeggia, fa shopping, naviga online e fa sport. Oppure incontra gli amici per parlare di attualità, politica e fa molte altre cose. Cosa motiva le persone ad impegnarsi più o meno in alcune di queste attività piuttosto che amarle o detestarle?

Molte teorie sottolineano come alla base delle scelte individuali e degli stili di vita ci sia il legame tra persone e ambiente. Nel decidere o subire abitudini e comportamenti quotidiani è più o meno sempre una questione di identità personale. Determinati contesti sociali, frequentazioni e spazi fisici rafforzano non solo idee e convinzioni, ma anche determinate predisposizioni e gusti individuali che modifichiamo nel confronto con gli altri.

Ecco perchè quello che ascoltiamo ha molto a che vedere con l’identità personale: è una specie di biglietto da visita che esibiamo nei contesti sociali più disparati per affermare la nostra personalità. L’aspetto identitario delle canzoni era più forte qualche decennio fa. Oggi il potere e il valore della musica sono un pò appannati e la vista è il senso più sviluppato. Ma pur mancando cd e vinili, l’oggetto fisico da esibire, i generi che ascoltiamo definiscono ancora molto efficacemente chi siamo.

Generi musicali e tribù sociali

I generi musicali sono una invenzione dell’industria musicale. Oltre a definire linguaggi e nicchie di mercato assecondano perfettamente il bisogno naturale dell’uomo di ritrovarsi in tribù sociali. Non a caso i negozi di dischi specializzati in rock, punk, jazz erano veri ritrovi per giovani di ogni tipo. Davanti alle vetrine era bello e rassicurante incontrarsi e riconoscersi tra uguali condividendo gusti musicali ma soprattutto modi di essere, pensare, vestire o di tagliarsi i capelli.

Oltre ai negozi dove incontrarsi tra simili poi c’erano i vinili e i cd che facevano bella mostra nelle case. Per gli ospiti guardarli era un pò come aprire l’armadio dei vestiti, la stanza dei segreti. Entrati in casa di qualcuno era normale mettersi a spulciare la raccolta di dischi o cd che il proprietario non mancava di esibire, magari accanto ai libri. Un modo per rivelarsi, sottolineare la propria identità, ma anche per scoprire affinità e magari trovare l’anima gemella.

Scomparsi i negozi di dischi anche nel mondo virtuale c’è bisogno di ritrovarsi. Affermare “io ascolto jazz” piuttosto che “rock underground” oggi non fa l’effetto di ieri, ma è già qualcosa, quantomeno un porto sicuro dove approdare. Ecco perchè la musica online continua a parlare di jazz, classica, pop, rock. Disporre di milioni di brani in streaming senza riferimenti precisi é come essere dispersi nel mare del nulla e non solo da un punto di vista musicale.

Le tribù dei concerti live

I concerti live sono sempre stati un luogo di ritrovo d’eccellenza delle tribù e a maggior ragione lo sono oggi dove tutto è virtuale. Per condividere un mondo di riferimenti i tour dei maggiori artisti internazionali non sono solo concerti dove si ascolta musica, ma veri e propri spettacoli di arte varia. Realizzati dai migliori scenografi e costumisti al mondo, offrono al pubblico un insieme di aspetti identitari che vanno molto oltre la sensibilità e la comprensione individuale.

La narrazione dei concerti è studiata nei minimi particolari, dagli abiti di scena fino ai comportamenti e alle movenze degli artisti sul palco. Video, fotografie e grafica concorrono ad amplificare l’immagine dell’artista ad un modello ideale capace di catturare il pubblico. Per partecipare al gran ballo (pazienza se in playback) le tribù non badano a spese. Vanno ai concerti non per ascoltare canzoni ma per girare video con gli smartphone con l’illusione di conquistare l’identità personale a colpi di click da condividere sui social.

Psicologia dei generi musicali

Il rapporto tra musica e personalità si presta a innumerevoli interpretazioni, non solo di carattere sociale ma anche psicologico. Uno studio del professor Jason Rentfrow dell’Università di Cambridge si è concentrato sui fattori caratteriali che influiscono sulle scelte musicali. Per trovare le relazioni tra tratti psicologici, atteggiamenti e valori é stato considerato un campione statistico affidabile molto ampio di 10 mila persone.

I risultati confermano come le persone scelgano di ascoltare un determinato genere o artista per comunicare informazioni personali più che per soddisfare un bisogno estetico consapevole. Si ascoltano determinate canzoni così come si seguono mode vestendosi con determinati abiti o si frequentano persone più affini alla propria personalità che riflettono e soddisfano delle necessità psicologiche.

Nel rapporto tra musica e personalità esistono relazioni molto solide che riguardano cinque generi: mellow (musica melodiosa: pop, soul ecc.), unpretetious (senza pretese: popolare e tradizionale), sophisticated (sofisticata: jazz e classica), intense (intensa: rock, metal, punk, rap) e contemporary (contemporanea). La musica classica e jazz (sofisticata) tende ad avere tratti della personalità associati con apertura, creatività o fantasia e capacità verbale.

Musica popolare (senza pretese) è per caratteri estroversi, socievoli e loquaci, di persone con idee convenzionali e che amano il dogmatismo. Nei generi pop rock, soul e l’R&B (melodiosi) solitamente si identificano i romantici e chi cerca di relax. Punk, rock, heavy metal e tutta la musica intensa secondo i ricercatori è ascoltata e amata da chi vuole caricarsi per sfidare un ambiente circostante ritenuto ostile.

Risultati simili se pur con diverse sfumature sono quelli di uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology effettuato su quasi 300 mila persone in 53 paesi del mondo. Estroversi e socievoli preferirebbero brani ballabili e canzoni felici, gli empatici amerebbero la musica soft, i curiosi generi celebrali come il jazz o la classica, i nevrotici i generi energici e infine i coscienziosi ascolterebbero poca musica di sottofondo.

Giudicare gli altri da cosa ascoltano

Tra musica e personalità esistono talmente tante affinità che le persone finiscono col farsi una impressione degli altri abbastanza precisa sulla base di quello che ascoltano. Tutti inconsapevolmente leghiamo i gusti musicali del nostro interlocutore ad un determinato carattere psicologico o sociale e addirittura tendiamo a giudicare il prossimo in base a cosa ascolta e alle sue preferenze musicali.

Ci sono precisi stereotipi che riguardano le caratteristiche dei fans dei vari generi musicali che a volte corrispondono al reale profilo psicologico degli ascoltatori ma a volte no. Ciò vale per gli incontri casuali ma anche per i gruppi di amici. Chi è molto appassionato di un determinato genere spesso assume un ruolo preciso all’interno del gruppo sulla base di stereotipi che non hanno nulla a che vedere con il linguaggio dei suoni nè con la realtà.

La maggioranza delle persone crede ad esempio che gli appassionati di musica classica siano conservatori, intelligenti e religiosi, con uno spiccato senso artistico, ma non atletici o fisicamente attraenti. Questo stereotipo non fa per voi? Forse potrebbe piacervi l’appassionato di musica rap che molti pensano sia di idee liberal, abbastanza interessante, non particolarmente religioso, ma soprattutto molto atletico… sarà vero?

Ruolo identitario della musica

Si potrebbe pensare che nel rapporto tra musica e personalità le logiche di mercato comandino. In realtà la musica ha sempre avuto un forte ruolo identitario e mistico che non ha nulla a che vedere con l’estetica e i gusti musicali. Basti pensare alle antiche civiltà che si adunavano attorno ad un ritmo per scopi militari o religiosi. La forza del rapporto tra uomo e suono va ben al di là delle dinamiche di marketing ed infatti non riguarda solo i generi musicali più commerciali.

La musica jazz o classica è ricca di rituali in cui rispecchiarsi a livello culturale, economico o sociale. Dalle foto di dischi in bianco e nero con il jazzista maledetto ritratto con sigaretta in bocca, alla sale da concerto ritrovo di eleganti signori e signore. Pensate che nei palchi della Scala di Milano durante le rappresentazioni delle opere succedeva davvero di tutto! Le tribù cercano sempre un modo per ritrovarsi, sia che si tratti di capelloni di Woodstock, di nobili ingioiellate o di community online.

Le piattaforme musicali online attraverso le playlist personalizzate e condivise sui social network conoscono alla perfezione i nostri gusti musicali e attraverso i dati che forniamo per accedere agli account sanno anche le nostre abitudini di consumo. Così non ci consigliano solo canzoni e artisti, ma anche prodotti mirati ai nostri interessi. Nel rapporto tra musica e personalità in questo caso entra in ballo prepotentemente il marketing: siamo quello che ascoltiamo, specialmente e sempre di più come consumatori.

Playlist al lavoro e in politica

Oltre agli aspetti sociali, psicologici ed economici il rapporto tra musica e personalità è diventato anche oggetto di ricerche in ambito professionale e politico. Secondo i ricercatori del Palo Alto Research Center e del Georgia Institute of Technology, i gusti musicali sono un sistema infallibile per trovare affinità lavorative e caratteriali. Non a caso vengono usati nei gruppi di lavoro aziendali per saldare relazioni sociali.

Il doppio filo tra musica e personalità riguarda anche la vita politica. Le playlist musicali sono usate dai partiti per individuare i candidati con maggiori possibilità di incontrare gli umori dei potenziali elettori all’interno di determinate comunità. La musica è anche e soprattutto cultura, conoscenza e compagna di vita, antidoto alla violenza e all’apatia con risvolti nella vita di tutti i giorni. Ad esempio nelle città dove ci sono più cori e orchestre, la gente parcheggia meno in doppia fila.

Gli artisti potrebbero avere quindi un grande ruolo nel comunicare valori morali, civili e sociali ai giovani. In Italia pochi cantanti lo fanno, forse per la scarsa considerazione della musica in generale o per paura di essere bersagliati dagli hater sui social. In altre nazioni invece molti cantanti mischiano preferenze musicali e politiche senza problemi partecipando attivamente alla vita pubblica.

Youssou N’Dour è stato eletto ministro della cultura in Senegal, Gilberto Gil ha avuto lo stesso ruolo in Brasile e Rubén Blades, panamense, ha fondato un partito e ricoperto la carica di ministro del turismo di Panamá. Andry Rajoelina faceva il disc jockey prima di diventare Presidente del Madagascar e Michel Martelly, cantante con 14 album registrati, è stato l’ex Presidente di Haiti. In Australia Peter Garret della rock band Midnight Oil ha fatto il ministro dell’educazione dopo essersi occupato di ecologia.

Le elezioni presidenziali Americane sono un altro esempio di come musicisti, artisti o attori possano partecipare attivamente nelle campagne dei candidati alla Casa Bianca. Il comizio di Lady Gaga in Pensilvania la dice lunga su come i protagonisti del mainstream musicale americano intendano il ruolo dell’artista e il rapporto con il pubblico, non funzionale solo al tornaconto personale. Comunque la si pensi e malgrado tutto la musica rimane un forte creatore di identità sociale e culturale. Basterebbe saperlo usare bene.