
Cos’è l’intelligenza, quanti tipi ne esistono, ha vantaggi evolutivi e come sta cambiando l’uso del cervello nella società odierna? Dal calo reale del quoziente intellettivo, all’attendibilità dei test sul QI, fino a chi si finge intelligente senza esserlo
L’intelligenza umana oggi è inferiore rispetto a cento anni fa. Nelle nazioni occidentali creatività e produttività media stanno calando costantemente a partire dal diciannovesimo secolo. Eppure l’uomo moderno è iperconnesso, ipertecnologico e ha a disposizione un numero incredibile di informazioni. Con un click si possono approfondire migliaia di argomenti che dovrebbero stimolare il funzionamento del cervello. Invece sembra succeda esattamente il contrario: l’uomo sta diventando stupido.
Quando si parla di intelligenza dell’uomo bisogna mettersi però d’accordo sul suo significato. Nella definizione tradizionale l’intelletto è una qualità mentale che consente di comprendere dall’esperienza e di reagire di conseguenza, con consapevolezza. Il rischio quando si parla di cervello è perdersi in discussioni tra filosofia, psicologia e neuroscienza, dove entrano in gioco parole come conoscenza, coscienza, ma anche adattabilità, che poi è la caratteristica che ha consentito l’evoluzione dell’uomo e di tutte le forme viventi.
Indice
- Cos’è l’intelligenza
- Quoziente di intelligenza
- Persone intelligenti
- Tipi di intelligenza
- Fingersi intelligenti
- Essere intelligenti
- Test di intelligenza
- Intelligenza artificiale rende stupidi?
Cos’è l’intelligenza umana?
Non dobbiamo dimenticare che l’intelligenza umana, prima ancora di venire utilizzata per risolvere complicati teoremi matematici, vincere partite di scacchi, creare nuove invenzioni o improvvisare musica, è servita all’uomo per sopravvivere. Oggi usare il cervello ci consente di riflettere anche su ciò che siamo e diventeremo, di essere persone consapevoli o scellerate provando emozioni o creandone di nuove attraverso forme e linguaggi espressivi o artistici.
Dagli organismi microcellulari di milioni di anni fa fino ad arrivare al cervello dell’uomo è una Lunga storia, come racconta il libro di Joseph LeDoux (Cortina Editore). Il cervello umano è diventato cosciente in un viaggio tra neuroni e chimica che non si è ancora fermato. Di certo tutti i nostri comportamenti dipendono da come usiamo la nostra intelligenza per essere creativi, prosperare, riprodurci o difenderci, magari non più dai leoni, ma da chi con il neuro marketing vuole venderci qualcosa di inutile o farci votare alle elezioni un candidato indecente.
Se i veri intelligenti spendono il proprio tempo ad approfondire per capire e solo dopo parlano, secondo gli ultimi dati del Censis leggono libri meno della metà degli italiani, meno di un terzo acquistano quotidiani e il giornale più venduto è la Gazzetta dello sport. Le notizie si leggono sui social provenienti da fonti non affidabili, inattendibili, di parte, del tutto farlocche o false. Una ricerca pubblicata su Science basata su 126 mila news diffuse su Twitter, sostiene come le fake news abbiano circa il 70% di probabilità in più di venire ritwittate di quelle vere ad una velocità 6 volte superiore.
L’informazione ha un ruolo importante nella costruzione di una consapevole intelligenza. Altrimenti, più che cercare la verità o una vera crescita intellettuale o spirituale da tradursi in pensiero e azione, l’uomo annusa l’aria e parte all’attacco con l’arma della finzione. Finge di sapere e di conoscere. Scrive, parla, aggredisce, insulta, ma non sa assolutamente nulla. Un giochetto che secondo uno studio riesce molto meglio all’uomo che alla donna: il 26% dei maschi finge intelligenza contro il 14% delle donne.
Quoziente di intelligenza
Siamo abituati a pensare all’intelligenza come ad una caratteristica evolutiva e diamo per scontato che l’uomo debba migliorare la sua mente nel corso dei secoli. Se consideriamo il suo andamento invece scopriamo l’esatto contrario. Lo confermano i dati raccolti in centinaia di ricerche e test cognitivi eseguiti nei decenni in Europa e Nord America. Analizzando e confrontando i risultati nel tempo emerge che il Quoziente di intelligenza dell’uomo è diminuito di circa 14 punti in 100 anni. Si perdono 1,23 punti ogni decennio. Le prove comprendono anche il tempo di reazione agli stimoli visivi.
Se alla fine dell’Ottocento la reattività era di 183 millisecondi, nel 2014 il tempo di reazione è diventato di 253 millisecondi. Fa specie pensare che nell’era delle immagini e dei video l’uomo sia diventato anche più lento a reagire agli stimoli visivi. Proprio oggi che tecnologia e smartphone ci hanno trasformati in esseri multitasking, dovremmo essere tutti mediamente più informati, consapevoli e quindi intelligenti. Abbiamo tutti gli strumenti per analizzare passato, presente e futuro, ma non li usiamo.
Un certo degrado dell’intelligenza umana lo si scorge in tutti campi, ma sarà poi vero che l’uomo oggi è meno intelligente rispetto a 100 anni fa? I dubbi non mancano. Se cinquant’anni ci avessero detto che il passatempo preferito dell’umanità sarebbe stato strisciare il dito su una piccola tavoletta di vetro ci avremmo creduto? Ma sarebbe troppo facile sostenere che l’instupidimento generale sia causato da televisione, smartphone o dall’uso sconsiderato dei social che veicolano superficialità e fake news.
Persone intelligenti
Il calo delle capacità cognitive è iniziato molto prima dell’era digitale e quindi la vera causa dell’idiozia sulla terra potrebbe essere un’altra. Idiocracy, un film uscito nel 2006 in America, ad esempio sostiene che c’è un rapporto inversamente proporzionale tra intelligenza e fertilità. Le persone più istruite e intelligenti fanno sempre meno figli e il declino del QI è inarrestabile. Ma chi l’ha detto che l’intelligenza dell’uomo sia una caratteristica evolutiva vantaggiosa?
Un quoziente intellettivo troppo alto nei bambini ad esempio può diventare un problema, un pò per la naturale diffidenza dei coetanei davanti al genio, ma anche perchè sui cosidetti bambini plusdotati le aspettative sono molto alte con tutto ciò che ne consegue a livello psicologico nelle fasi della crescita. Le persone intelligenti sono più solitarie e vanno contro all’impulso umano di riunirsi in tribù alla base della riproduzione e anche sul lavoro i vantaggi degli intelligenti non sarebbero così scontati.
Un recente studio realizzato dall’Università svizzera di Losanna, ha rilevato che i manager con un Qi di 120, molto superiore alla media di 100, hanno maggiori difficoltà nel farsi comprendere dai dipendenti e di comandare. Se l’uomo sta diventando un pò più lento di comprendonio e forse un tantino più idiota, è anche per le sfide che il nostro cervello deve affrontare per vivere e lottare nella società moderna. E’ sempre maggiore il gap tra la naturale evoluzione dell’intelligenza dell’uomo e il progresso sociale e tecnologico.
Tipi di intelligenza
Affinchè l’intelligenza dell’uomo rappresenti un vantaggio e non un limite, deve sapersi esprimersi in varie forme che oltre alle capacità logico matematiche, comprendano anche un modo efficace di stabilire rapporti e gestire le emozioni. Si può essere intelligenti in tanti modi, mostrando adattabilità, consapevolezza, curiosità, apertura mentale, sensibilità ma anche scetticismo perchè si deve sapere riconoscere il falso dal vero e non farsi condizionare dagli altri nelle scelte.
Un uomo intelligente sa cambiare i propri comportamenti in base all’ambiente e far fronte alle difficoltà che incontra tutti i giorni. E’ consapevole, ammette di non sapere ed impara dai propri errori e limiti. E’ curioso, si fa mille domande e cerca di approfondire tutte le cose che gli altri danno per scontate. Ha grande apertura mentale, tiene in considerazione le idee degli altri e le trasforma in opportunità, anche se suonano come strane. E’ empatico, sa entrare in sintonia con le persone, comprendere gli stati d’animo degli altri e analizzare i propri.
Essere davvero intelligenti sottointende sempre brama di sapere e la capacità di appassionarsi, approfondire e conoscere. La capacità di ragionare costa fatica, studio e dedizione. Apparire intelligenti invece può sembrare più semplice e alla portata di tutti, così in tanti ci tentano. Lo hanno scoperto in Inghilterra, ma di sicuro il fenomeno va alla grande in tutto il mondo. In un sondaggio gli inglesi hanno ammesso senza vergogna di credere all’intelligenza col trucco.
Fingersi intelligenti
Se il quoziente di intelligenza dell’uomo è in caduta libera, fingersi intelligenti è una tendenza imperante. Oggi siamo tutti iperconnessi e bombardati da ogni genere di informazione e stimolo, ma pochissimi approfondiscono. A nessuno piace sembrare scaltro, preparato e all’altezza della situazione più che allo stupido che spopola in rete, dove le fake news vanno per la maggiore. Umberto Eco sostiene che i social abbiano dato parola a intere legioni di imbecilli.
L’uomo che si finge intelligente scrive e parla moltissimo pensando che il ruolo dell’ascoltatore non sia degno, o che denoti mancanza di conoscenza o saggezza. Per aumentare il proprio profilo intellettuale, l’iperconnesso parla più o meno a vanvera di tutto e di più. Il problema è che nell’era del cialtrone imperante, la gente pare a proprio agio. La questione è complessa perchè riguarda la democrazia e ha molti risvolti in ogni ambito sociale, politico ed economico.
Il finto intelligente ama postare su Facebook o Twitter pensieri e frasi ad effetto e si infervora quanda parla di attualità politica ispirandosi ai suoi mentori di riferimento. C’è chi porta un libro impegnato in spiaggia senza avere alcuna intenzione di leggerlo. Chi si mostra appassionato di musica classica o jazz, oppure parla con grande fervore di mostre d’arte e di politica senza capirci nulla. Il finto intelligente spesso si intende anche di vino con consapevolezza di polso e arguzia di sentori.
Essere intelligenti
Come ogni tipo di finizione, anche quella dell’intelligenza alla lunga potrebbe sortire effetti esattamente opposti a quelli sperati. Ammettere di non sapere invece è il punto cruciale per aumentare il proprio fascino intellettivo. Per essere intelligenti spesso è molto meglio ammettere i propri limiti, anche perché è risaputo che i meno competenti si sopravvalutano. Viceversa chi è attento, preparato o dotato di talento, è sempre umile e disponibile all’ascolto.
Apparire intelligenti agli altri può però risultare addirittura più complicato che raccontare qualche balla. L’argomento ovviamente interessa tutti. Non solo esperti di marketing e comunicazione o politici. Sentirsi all’altezza influisce sul grado di autostima e sui rapporti personali anche di chi è davvero intelligente. Come farsi valere? Quando si parla di intelligenza siamo tutti facilmente influenzabili. Quali sono i comportamenti che aiutano in pubblico?
- La velocità di camminata è importante. La Boston University ha scoperto che per molte persone una camminata più veloce o lenta del normale sia sintomo di stupidità. Gli intelligenti devono andare alla stessa velocità degli altri.
- Indossare occhiali spessi fa apparire più intelligenti. Può sembrare una banalità da nerd, ma se da un lato rende meno attraenti, la montatura spessa per l’osservatore esterno fa emergere l’Einstein che c’è in noi.
- Bere birra o vino per uno studio congiunto delle Università di Michigan e Pennsylvania può fare sembrare meno intelligenti. Certo dipende dalla quantità, ma non solo. Il boccale in mano non ispira alto quoziente intellettivo.
- Iniziali nel cognome hanno un potente effetto seducente nelle persone. Ne aumentano lo status sociale e le presunte capacità intellettuali. Lo sostiene uno uno studio realizzato da alcuni psicologi dell’Università di Southampton. John F. Kennedy vi dice qualcosa?
- Esprimersi semplicemente è meglio che avere un vocabolario inutilmente forbito. Una ricerca dell’Università di Stanford conferma che la semplicità verbale accompagnata dalla conoscenza è la chiave per avere carisma.
- Parlare in modo espressivo aiuta anche a mostrarsi più capaci. Variare intensità della voce e tono nell’esprimere concetti è un sistema per convincere gli altri delle nostre capacità. La monotonia è sinonimo di stupidità.
- Guardare negli occhi le persone con cui si parla in generale accresce il grado di intelligenza e competenza. Meglio se con una espressione del viso sicura e sorridente, da veri leader. Lo dicono i risultati di uno studio.
- Avere senso umorismo ed essere divertenti in una conversazione è sempre importante. Oltre a farci apparire in generale più attraenti, può essere collegato a presunte capacità intellettuali.
- Vestirsi elegantemente non è solo una questione di apparenza. Un bell’abito offre una importante aspettativa sulle nostre capacità intellettuali. Una percezione che non colpisce solo la psicologia di chi guarda, ma come spiega una ricerca pubblicata su sciencedirect, anche la fiducia e l’autostima di chi lo indossa.
Test di intelligenza
Si discute molto anche sull’attendibilità scientifica dei test di intelligenza come strumento per misurare il QI delle persone. Le risposte alle domande standard del QI potrebbero dar luogo a esiti fuorvianti e non misurare efficacemente le capacità intellettive. Un gruppo di ricercatori canadesi della Western University dell’Ontario sostiene ad esempio come un singolo esame creato molti decenni fa non possa sintetizzare le diverse componenti dell’intelligenza umana.
I primi test sull’intelligenza dell’uomo sono stati messi a punto da un gruppo di psicologi francesi nei primi del ‘900 per misurare la velocità di apprendimento dei bambini. Successivamente sono stati poi utilizzati anche in campo diagnostico, come nel caso della scala Weschler. In realtà misurano il nostro vocabolario, la nostra capacità di risolvere problemi, di ragionare ed avere una mente logica e così via, ma presumono che tutto ciò non possa essere modificato con l’apprendimento.
I ricercatori hanno condotto test su oltre 100 mila persone verificando come età, sesso, stili di vita e passioni – vedi quella per i videogiochi o nella musica l’effetto Mozart – possano influire sulle funzioni cerebrali. Oggi ci sono nuovi test cognitivi utili a sondare le capacità di memoria, ragionamento, attenzione, programmazione, ma anche esperienze e stili di vita. I risultati hanno mostrato che esplorando una così ampia gamma di capacità cognitive, esistono almeno tre componenti distinte dell’intelligenza: memoria a breve termine, ragionamento e componente verbale.
Intelligenza artificiale rende stupidi?
Ho sempre pensato che l’intelligenza servisse a risolvere i problemi e che fosse un dovere morale affrontarli. Oggi esistono enormi questioni irrisolte anche alle nostre latitudini: dal covid-19 all’ambiente, passando per i nuovi paradigmi dello sviluppo economico e sociale. Invece va di moda la semplificazione: più che cercare di risolvere li accidenti, si rimuovono. Basta dare un occhio al web per trovare ovunque deliri e fake news che confermano questa tesi, uniti al desiderio di trovare un colpevole da demonizzare.
Se la complessità viene negata, il buon senso diventa debolezza, l’approfondimento é interpretato come asservimento al potere, mentre la capacità di leggere la realtà viene affidata al blogger di turno. Non so se questo sia un segnale del fatto che l’uomo stia diventando sempre meno intelligente, cosa che sembra venire confermata dalle ricerche. I questo articolo ho citato alcuni studi evoluzionistici, ma non serve essere Darwin per capire che il cervello per rimanere in forma deve essere allenato.
Quale miglior allenamento per il cervello che affrontare le difficoltà quotidiane cercando di risolverle? La società iper tecnologica invece percorre una strada esattamente opposta: ovunque i compiti dell’uomo sono sempre più facilitati o annullati da robot o intelligenza artificiale. Non è solo l’entusiasmo di chi fa accendere la lampadina da Alexa a stupire, oramai senza navigatore tutti ci perdiamo nel quartiere, mentre Wikipedia rende inutile qualsiasi sforzo di memorizzazione.
Non sarà forse che l’intelligenza è un peso? Certo esistono molti tipi di intelligenza, ma guardando anche alla creatività c’è chi dice che anche il futuro della musica sarà appannaggio di strumenti sempre più facili da suonare e anche le canzoni stupide entrano in classifica ai primi posti. Allora forse non rimane che puntare tutto sullo sbadiglio. Un team della State University di New York, sostiene che il modo con cui sbadigliamo è correlato alle dimensioni del cervello… ma non al suo utilizzo.