La denatalità in Italia non é solo un problema sociale ed economico: il concetto di maternità riguarda tutte le donne e l’identità femminile. Da cosa è causata la scelta di molte coppie di non avere figli o di farne pochi in età avanzata?

In Italia non si fanno più figli. Le conseguenze della denatalità come vedremo sono sociali ed economiche, riguardano la collettività ma anche il ruolo delle donne come figlie, madri e femmine. Perchè questa tendenza, oltre a cambiare il concetto di famiglia, è una vera rivoluzione filosofica che svela le contraddizioni della società moderna mettendo in dubbio lo stesso senso della vita.

Oltre alla scelta di non avere figli consapevole e dovuta a cause mediche, la denatalità é infatti causata da problemi economici, disuguaglianze, precarità e disoccupazione femminile. La mancanza di assistenza e servizi per l’infanzia colpisce sempre le famiglie più fragili. Avere un figlio è un atto di coraggio e fiducia per il futuro, fatto di generosità e accoglienza: la società moderna può farne a meno?

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Denatalità in Italia

Perchè si parla con insistenza di calo demografico e denatalità in Italia? Secondo i recenti censimenti Istat la popolazione italiana è in inesorabile declino da molti anni. Ogni 1000 donne nel 1952 nascevano 2337 bambini, nel 2004 i nati erano diventati 1331, 696 dei quali (52,3%) figli unici. Oggi l’Italia ha il tasso di natalità più basso in Europa con 1,2 figli per donna contro una media europea di 1,9 figli.

Nel frattempo anche i single hanno sorpassato le coppie con figli, sono il 33,2% contro il 31,2%. Se la tendenza a far pochi figli procederà o peggiorerà come sostengono gli esperti, nel 2041 le coppie con figli saranno un quarto della popolazione e passeranno dagli attuali 8,2 a 6,3 milioni, mentre quelle senza da 5 milioni diventeranno 5,7 milioni. La prima conseguenza è che nel 2070 la popolazione italiana scenderà a 47,7 milioni di persone contro gli attuali 59,2 milioni.

Il secondo effetto è che l’età media degli italiani aumenta e gli ultra 65enni sono già il 23,8% della popolazione. Attualmente gli individui in età lavorativa tra i 15 e i 64 anni sono superiori di due terzi rispetto a quelli tra 0 e 14 o in pensione sopra i 65 anni, ma nel 2050 i due gruppi saranno numericamente uguali. Uno studio dell’Onu sostiene come nel 2100 la popolazione italiana diminuirà del 40% anche se la vita media arriverà a 94 anni.

Diventare il paese più vecchio al mondo insieme al Giappone produrra effetti molto negativi sul sistema pensionistico, dato che le pensioni degli anziani vengono pagate dai lavoratori attivi. Poi ci saranno 10 milioni di anziani soli e da assistere in maggioranza donne, che sono l’80 per cento dei vedovi soli. Per capire la portata del problema basti pensare che solo il 13% degli ultra 85 enni è autonomo.

Popolazione italiana invecchia

Conseguetemente alla denatalità in Italia la popolazione invecchia. Nel del 1971 ogni bambino c’erano 1,1 anziani, nel 2011 gli anziani erano diventati 3,8 e nel 2020 oltre 5. In alcune regioni come la Liguria ci sono 7,6 anziani per bambino. Frenano anche le regioni del sud tradizionalmente più prolifiche ma oggi con un numero di figli a livello di Lombardia e Lazio, dove ci sono circa 4,9 anziani per bambino.

Mentre l’aspettativa di vita aumenta superando gli 84 anni per le donne e gli 80 per gli uomini, le culle sono sempre più vuote e il saldo tra nascite e decessi è molto negativo. L’età media della popolazione italiana è già oltre i 45 anni, gli over 65 superano il 23% e in pochi anni potrebbero arrivare ad un terzo del totale. Se la società invecchia il sistema pensionistico entrerà in crisi e le nuove generazioni andranno in pensione più tardi e con meno soldi.

Il declino demografico non potrà che svuotare ulteriormente i piccoli paesi mentre le città diventeranno sempre più abitate e costose. La pandemia ha peggiorato la recessione demografica e oltre il 20% di coppie non fanno figli. La denatalità in Italia viene solo parzialmente compensata dall’arrivo di stranieri. Se il trend continuerà nel 2050 la popolazione italiana scenderà dagli attuali 60 a 54 milioni circa di persone e nel 2070 a 48 milioni di abitanti.

Cause della denatalità

Perchè non si fanno figli? Secondo uno studio dell’università di Trento non è il desiderio di diventare mamme a mancare, ma i soldi. In una società sempre più attenta alla qualità della vita, la paura delle giovani coppie è non potere garantire un adeguato livello economico alla famiglia. Procreare in età avanzata espone a problemi di sterilità e quando arriva un figlio è quasi sempre unico.

Se in Cina avere figli unici è stato davvero obbligatorio dal 1979 al 2013, scegliere di avere un figlio anche da noi non è solo un fatto di maggiore libertà o emancipazione. Le nazioni più ricche ed evolute dove si vive meglio sono anche quelle più prolifiche. In Italia la maternità non è più considerata sinonimo di realizzazione femminile, ma nei paesi nordici, dove la percentuale di donne che lavorano é alta, si fanno più figli.

Nella classifica della prosperità Legatum prospery index l’Italia si classifica attorno al 30 esimo posto su un totale di 167 nazioni, ma è preceduta da tutti i paesi occidentali. Il declino delle nascite segue quello economico e sociale ed è legato al calo degli indicatori macroeconomici che misurano la qualità dei rapporti sociali, credibilità delle istituzioni e partecipazione civile. Il problema é che in Italia avere figli significa avere meno opportunità sul lavoro.

Secondo le statistiche il 25% di donne italiane alla nascita del figlio lasciano il lavoro. Il risultato è che una donna su cinque ritarda il momento del concepimento fino ad oltre 30 anni, un record in tutta Europa. Nemmeno le parole di Papa Francesco sulla società senza figli “contro il futuro” possono contrastare la mancanza di politiche per la famiglia. Non avere figli può essere una scelta legittima, ma quanto conta la crisi economica?

Quanto costa avere un figlio?

Una tipica famiglia con due genitori spende circa 15 mila dollari all’anno per ogni bambino. Le spese per la casa occupano il 30% del costo totale fino all’età di 18 Anni. Seguono cura ed educazione dei figli (18%) e le spese alimentari che si prendono il 16% delle finanze familiari. Negli ultimi 50 anni la spesa per crescere un figlio è cresciuta moltissimo relativamente al reddito. Fino a qualche anno fa baby sitter e salute rappresentavano circa il 4% dei costi totali per allevare un bambino, oggi le cifre sono più che raddoppiate.

Uno studio realizzato in America sostiene che una famiglia di reddito medio con entrate annue tra i 60 mila e i 100 mila dollari, spende circa 235 mila dollari (224 mila euro) nei primi 18 anni di vita del proprio figlio. Per redditi più alti la spesa può arrivare a quasi 390 mila dollari, ma non scende mai sotto i 170 mila dollari. In America chi vuole frequentare le migliori università deve aspettarsi di spendere altri 200 mila dollari.

Oltre ai circa 400 mila dollari fin qui raggiunti al mantenimento dei figli, un articolo del Wall Street Journal sostiene che i genitori aggiungono altre rinunce personali in termini economici e di carriera professionale. Per determinati standard che comprendono anche contributo per la casa del figlio, alla fine per un figlio servirebbero oltre un milione di dollari. In Italia le cose vanno meglio per l’assistenza sanitaria, ma peggio di alcuni paesi europei dove i neo genitori possono godere di supporti economici.

Figli unici sono avvantaggiati?

Oltre alla denatalità c’è da considerare l’aumento dei figli unici: una opportunità o un problema? Generalizzare è impossibile, ma se figlio unico era anche Leonardo da Vinci, i dati dicono che l’80% di chi è ammesso nelle prestigiose università americane non ha fratelli. In Italia Daniela Del Boca, che si occupa di economia politica all’università di Torino e dirige il centro inter universitario Child, avanza però dei dubbi sul fatto che i figli unici “all’italiana” abbiano più successo a scuola.

Il dubbio nasce dal fatto che i ragazzi italiani in generale si rivelino tra i peggiori studenti su 56 paesi in fatto di competenze linguistiche e abilità matematiche. Analoghi studi condotti in Cina e America sostengono però che i figli unici abbiano migliori risultati a scuola. E se una ricerca dell’Ocse ha trovato ripercussioni positive anche sul quoziente intellettivo dei 15 enni in 57 nazioni, una ricerca dell’università di Essex realizzata su 2.500 giovani inglesi sostiene che i figli unici siano mediamente più soddisfatti di chi ha fratelli.

Scegliere di non avere figli

Qualunque sia la causa, scegliere di non avere figli non ha solo effetti economici, ma riguarda da vicino il ruolo delle donne sul piano sociale e antropologico. La maternità è stata per secoli una rappresentazione dell’identità femminile. L’idea di fertilità, oltre che alle donne con i fianchi larghi, era legata alla natura, alla terra e alla pioggia. Non procreare è stata invece una vergogna per millenni e dal 1927 al 1943 in Italia c’era anche una tassa sul celibato.

Fino a qualche decennio fa avere un figlio era sinonimo di realizzazione personale e compimento di un progetto di vita che oltre a includere dedizione totale e abnegazione, racchiudeva anche una via alla felicità. Studiosi e psicologi oltre a cercare di comprendere le cause della denatalità si interrogano quindi su cosa abbia sostituito quell’insieme di fattori naturali e sociali che mettevano al centro del mondo le madri creatrici.

La capacità delle donne di generare e accogliere va ben oltre il corpo ma serve coraggio per avere un figlio di questi tempi. Oltre ai problemi economici quanto influisce vivere in una società in cui crescono rabbia, paura, ostilità, frustrazioni, disuguaglianze, muri e respingimenti? Non che guerre, carestie e pestilenze siano mai mancate, ma oggi basta uno smartphone per pensare di conoscere il mondo e dominarlo.

Dedicare tempo, cura e amore nel far nascere e accudire un essere unico, vulnerabile e fragile, significa uscire dal flusso del rumore di fondo da cui siamo quotidianamente bombardati per stare in disparte, in silenzio. Se il vuoto non viene riempito con ciò che si é dentro diventa solitudine che può generale disagio e frustrazione piuttosto che gioia ed energia da regalare. L’amore per un figlio incondizionato, generoso, responsabile dura tutta la vita ma non è mai scontato. Così come non è facile scegliere di non avere figli.