
Le nuove modalità di consumo musicale stanno modificando il rapporto tra giovani e musica. Cambia la percezione delle canzoni ma anche il valore degli artisti e dei generi musicali sul piano identitario. Quali sono le conseguenze culturali e sociali?
Il consumo musicale e quindi il rapporto tra giovani e musica è un argomento che non riguarda solo musicisti, artisti, esperti di business e marketing, ma coinvolge molti aspetti della vita sociale, culturale ed economica di un paese. In particolare negli ultimi anni la rivoluzione digitale ha reso sempre più importante il ruolo del mezzo nelle dinamiche che coinvolgono industria discografica, proposta musicale e pubblico.
L’evoluzione delle tecnologia e la digitalizzazione dei contenuti riguarda tutti i settori. Nell’informazione i giornali cartacei sono stati superati da web e social anche con conseguenze per la tenuta democratica dei paesi. Se cambia la percezione dei contenuti tra lettura digitale e su carta, è diverso anche il comportamento del cervello umano quando ascolta musica con sistemi digitali o analogici.
Indice
- Consumo musicale e tecnologia
- Musica come marketing
- Valore dello streaming
- Consumo musicale e società
- Potere della musica
- Consumo musicale del futuro
Consumo musicale e tecnologia
I supporti musicali seguono l’evoluzione tecnologica ma hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nel consumo musicale. Dove cercano e trovano canzoni i giovani, come possono appassionarsi ad un genere e ad un artista, o scoprire nuova musica potenzialmente interessante? Un tempo c’erano gli amici con cui si scambiavano cassette fatte in casa e cd masterizzati. I negozi di dischi avevano espositori carichi di novità divise per genere musicale, suggerite dalle case discografiche o da un negoziante esperto e illuminato.
Con la musica digitale il consumo musicale è completamente cambiato. I giovani oggi ascoltano musica con lo smartphone. Probabilmente è lo stesso dispositivo con cui state leggendo questo articolo e che tutti usiamo per ascoltare musica su Spotify, YouTube o sulle altre nuove piattaforme di streaming online. Questo non esclude che possiate anche essere appassionati di dischi in vinile e che da qualche parte abbiate intatta una raccolta di cd con cui ascoltare canzoni con una migliore qualità.
Oggi lo streaming detiene l’80% del mercato ma il consumo musicale è ancora abbastanza frammentato. La transizione tra mercato fisico a digitale, tra passato presente e futuro, contiene ancora vecchie abitudini. Per trovare nuova musica i fans si rivolgono anche ai sistemi tradizionali: passaparola, tv e radio. Nell’epoca delle playlist online la vecchia radio in America rimane ancora uno dei mezzi preferiti per ascoltare nuove canzoni insieme a YouTube.
Musica come marketing
Secondo una ricerca di Comscore sulle tendenze di consumo musicale in Italia, il 90% degli appassionati utilizza le piattaforme di streaming digitali e per Nielsen Music gli americani passano circa 32 ore a settimana ascoltando musica. Scoprire canzoni o generi nuovi però è sempre più complicato per gli utenti. Streaming e social funzionano con algoritmi matematici progettati per trattenere le persone all’interno di community con gusti simili.
Per superare i limiti dell’intelligenza artificiale in fatto di curiosità e quindi aumentare gli utenti disposti a pagare un abbonamento, Spotify ha creato la funzione Fresh Find. Sostituire il commesso del negozio di dischi che una volta dava consigli e forniva nuovi spunti di ascolto però non è facile. Viceversa tutto ciò che oggi ascoltiamo viene utilizzato per profilarci con analisi di tutti i tipi che riguardano il marketing.
Dietro alle abitudini di ascolto e ai gusti musicali di giovani e adulti c’è un mondo infinito da esplorare, non tanto per soddisfare ingenue curiosità, ma per attrarre potenziali investitori con sofisticate strategie di mercato. Lo streaming musicale permette alle aziende di profilare gli utenti in maniera incredibilmente targhettizzata. Per misurare come vengono ascoltate le canzoni su Spotify esiste un team formato da un mix di scrittori, ingegneri, analisti e informatici.
Valore dello streaming
Il valore del consumo musicale con lo streaming non è più il singolo album o l’artista, ma i milioni di brani disponibili a poco prezzo. Le playlist sono create per seguire le persone in ogni momento della giornata: a cena, nello sport, oppure per concentrarsi nello studio e lavoro o viaggiare. Le persone le ascoltano come sottofondo nelle attività quotidiane: in auto il 23%, nel lavoro a casa o in ufficio un 16%, nelle faccende domestiche (15%) o mentre si svolgono altre attività come leggere, navigare online (13%) o fare sport (12%).
Grazie ad applicazioni come Android Auto lo streaming in automobile sta surclassando la radio, anche per la possibilità di ascoltare podcast di programmi che alternano canzoni e dialoghi. In questo modo si è arrivati alla strabiliante cifra quasi 200 miliardi di brani ascoltati dagli americani in streaming, con una media di 3,4 dispositivi divisi tra smartphone, pc e tablet. Si tratta sempre e comunque di un ascolto distratto e superficiale.
La ricerca How Students Listen di Echo Nest descrive il consumo musicale di studenti in 40 università americane. Ogni università si distingue per tipo di artisti, canzoni e generi. Ci sono università che ascoltano pop, classico, jazz o country e atenei come la Iowa State University che preferiscono ascoltare canzoni felici piuttosto che brani malinconici o tristi o ritmi energici, come la Texas University. Ad ogni scelta corrisponde un preciso ambiente sociale di riferimento.
Consumo musicale e società
Le modalità di consumo musicale incidono profondamente sul ruolo della musica nella società. Il cosiddetto mainstream, le canzoni prodotte e suonate dagli artisti di maggior successo, sono da sempre la colonna sonora del mondo occidentale. Muovono un mercato di miliardi di dollari e hanno sempre creato identità condivise. Ma un conto è scendere in negozio a comprare un vinile, un altro è ascoltare una canzone in streaming da soli in casa con lo smartphone.
Gli studi confermano come l’ascolto in streaming sia distratto ed eseguito saltando più o meno compulsivamente tra un brano e l’altro. Se diverso è il modo in cui la nostra mente si concentra ed interagisce con i suoni, diverso è anche il modo ci come le canzoni sono create e proposte sul mercato. Oggi i pochi musicisti che diventano ricchi sfruttano il loro marchio vendendo profumi piuttosto che veicolando sogni attraverso le canzoni. La sensibilità e l’impegno degli anni ’60 era semplice ipocrisia? Può darsi.
Un filo comune lega sempre passato e futuro. Finita l’era in cui stili di vita, identità e tribù si raccoglievano attorno ai negozi di dischi, la rivoluzione digitale ha permesso un consumo molto più ampio di canzoni e generi. Però contemporaneamente ne ha ridotto la forza: la musica è ovunque, costa poco o si ascolta gratis. Se non c’è un X Factor in cui ritrovare le proprie ambizioni e far confluire i propri sogni, oggi le canzoni si ascoltano e guardano su YouTube.
Potere della musica
Certo, oggi la musica è comoda, semplice, gratis. Una parola entrata prepotentemente nel mondo online. Il risultato è che il consumo musicale è aumentato a dismisura e c’è un sottofondo che ci segue ovunque, ma il potere della musica è molto diminuito rispetto al passato. Nell’esigenza imposta dal mercato di consumare tutto in fretta sono cambiati o spariti i miti a cui ispirarsi. Persa l’aurea di sacralità le canzoni competono con mille altre forme di intrattenimento.
Oggi funziona la gamification, ovvero tutto ciò che fa sentire il pubblico protagonista. Passare il tempo utilizzando lo smartphone per giocare o postare foto o messaggi sui social network fa sentire parte attiva del mondo e nel caso degli influencer può anche rendere denaro. I soldi sono sempre un motore importante. Invece il valore della musica si è ridotto drasticamente con la pirateria da quando gli mp3 hanno sostituito i cd, prima che lo streaming gratis stravolgesse del tutto il mercato.
L’ingresso di Spotify in borsa ha spostato il consumo musicale sul piano della finanza, in cui più che vendere sensibilità si guadagnano soldi grazie ai milioni di utenti e click. Se il recente boom del vinile riguarda pur sempre una piccola nicchia, le canzoni si ascoltano in cuffia da soli in una stanza, mentre i concerti costano sempre di più e sono spettacoli di arte varia costruiti con un mix di canzoni, video, balli, scene, moda e costumi.
I giovani vivono il consumo musicale come una forma di intrattenimento che c’entra poco o nulla con quel linguaggio profondo fatto di melodie e armonie che i greci antichi consideravano una legge morale. E mentre l’evoluzione del pop procede verso forme semplici o banali, i ragazzi vanno ai concerti per riprendere con lo smartphone video da postare sui social. La voglia di partecipare è molto più grande della capacità di ascoltare, tanto che un 10% di giovani americani intervistati in un sondaggio afferma di avere poca o nessuna passione per la musica.
Consumo musicale del futuro
Che direzione prenderà il consumo musicale nei prossimi anni? Alcune ricerche condotte in America sostengono che il trend sarà simile a quello attuale: per le nuove generazioni la musica sarà sempre meno importante. Oggi solo un 25% di giovanissimi ha un legame forte con artisti o band del cuore e in futuro l’impatto identitario con artisti e generi verrà ulteriormente ridotto.
Solo gli artisti che sanno aggregare fans attorno ad una idea di comunità online potranno guadagnarsi da vivere offrendo un’idea complessiva di valori ed esperienze. La possibilità di fare musica ed avere successo, più che basarsi sulle vendite di dischi e musica, consisterà sempre più nell’avere follower su Facebook, Instagram, Twitter e sulle altre piattaforme online. Personaggi come Jovanotti hanno cominciato in anticipo a differenziare la proposta di contenuti e prodotti tra video su YouTube, libri, riviste, eventi e merchandising.
YouTube è e sarà sempre più un punto di riferimento dei giovani che cercano musica. Oggi lo utilizza il 94% dei ragazzi nell’età tra 16-19 anni, nel 47% interessati alla musica. Solo Spotify vanta una penetrazione di utenti maggiore, arrivando al 53% su base settimanale. Se è vero che le prossime generazione scopriranno le nuove canzoni su YouTube, forse rispetto alla bulimia passata del tutto gratis saranno anche disposte a pagare un prezzo per scegliere cosa ascoltare.
Le nuove generazioni non hanno mai utilizzato i cd e non erano nemmeno nate agli albori dell’mp3. Il consumo musicale e l’ascolto dei nativi digitali sarà frammentato e gli album verranno sostituiti completamente dai singoli. Tra giovani e musica il rapporto sarà ancora più diretto e immediato, veicolato da app di messaggistica come SnapChat, Instagram e tutte quelle che arriveranno a sfruttare l’intelligenza artificiale che suggerisce cosa ascoltare come e meglio di un amico.