cocktail

Nomi e ingredienti dei più famosi cocktail e l’arte della mixology che abbina bevande e cibo. Storia e ricette dei più famosi drink alcolici e analcolici, shakerati, secchi, vegetariani e vegani con frutta, preparati da barman e da fare in casa

Cocktail è una parola entrata nell’immaginario collettivo della storia recente. Non c’è film di successo che si rispetti, dalla saga dello 007 in poi, senza un eroe di turno alle prese con drink più o meno alcolici shakerati con soda e ghiaccio. Se più recentemente la maggiore consapevolezza sui rischi dell’alcool ha smorzato gli entusiasmi sulle bevande alcoliche, sono arrivati nuovi cocktails analcolici per salutisti di ogni genere.

Non che la voglia di salute e benessere abbia eliminato i cocktail tradizionali. Mischiare liquori con altri ingredienti, frutta o altre bevande non ha certo perso il fascino esotico che nei locali notturni o per gli amici a casa si avvale anche delle nuove ricette della mixology. La versione analcolica dei drink invece strizza l’occhio anche a vegetariani e vegani in cerca di qualcosa di particolare rispetto ai normali centrifugati di frutta e verdura.

Indice

Cocktail e arte mixology

Oggi nei locali trend si servono cocktal di ogni genere e aperitivi veggie con cibo ricercato e bevande innovative che esaltano sapori e aromi. Tutto parte da molto lontano tra proibizionismo e miscele esotiche d’avanguardia, ma chi ha stabilito le regole per definire gusto e nomi dei cocktails? Nel 1961 una commissione formata dai più importanti barman mondiali si riunì per definire i dosaggi di un cinquantina tra le miscele più richieste che diventarono settantasette nel 2011.

La preparazione di cocktail, a cominciare dagli ingredienti fino ad arrivare alle scelte personali di aromi, non è per nulla scontata. Il barman è lo chef dei drink e può copiare o personalizzare le ricette secondo i gusti e soprattutto l’esperienza fatta di tecniche, attrezzi e decorazioni. Selezionare ingredienti per miscele da bere è una vera arte che prende il nome di mixology. Si tratta di un settore del beverage sofisticato che richiede esperienza, qualità e sensibilità per trovare giusti abbinamenti anche con il cibo come avviene nel cosidetto ‘food pairing’.

Per inventare e creare bevande d’autore esiste anche una Molecular Mixology dove i drink sono abbinati a piatti da gran gourmet della cucina molecolare di cui è capostipite lo chef spagnolo Ferran Adrià. L’arte della Mixology ha fatto la sua apparizione anche al Salone del Gusto di Torino con un’intera sezione dedicata al ‘bere miscelato’ catalizzando l’attenzione per la varietà degli ingredienti e lo studio accurato sul sapore nascosto dietro ad ogni semplice cocktail.

Cocktail cibo abbinamenti

L’abbinamento tra cocktail e cibo è un’arte da veri maestri. Dall’aperitivo alla cena fino al dopocena, quando si tratta di bere e mangiare l’importante è non fermarsi alle antiche classificazioni e aprirsi a nuove esperienze sensoriali per trasformare una cena in un’occasione per affinare i sensi e sperimentare sapori inediti. Nuovi drink possono essere inventati e ottimizzati per abbinarsi perfettamente a un piatto, cosa non sempre possibile con vini già strutturati, imbottigliato e pronto per l’uso.

Ogni cocktail ha un’identità che si può esaltare grazie a un abbinamento corretto capace di animare il desiderio di assaporare un nuovo boccone. Le proposte si sprecano con ricette di bevande e cibo rivisitati da antiche formulazioni oppure affidati alla creatività dell’operatore. Un drink ha il potere di integrare o esaltare i sapori di un piatto anche con l’apporto di erbe aromatiche di cui spesso si sottovaluta l’importanza.

Un buon barman crea cocktail su misura per determinate pietanze, poi è il cliente a decidere secondo i propri gusti. A seconda della stagione, contrasto o similitudine di sapori, struttura ben definita o mix di aromi insoliti, non esistono regole. L’importante è non esagerare tenendo ben presente il grado alcolico finale. Adottare la tecnica ‘a scalare’, considerato che sono tre il numero massimo di bevande da consumare in una cena, se si vogliono distinguere correttemente i sapori.

Nomi cocktail famosi

Una prima classificazione dei cocktail viene fatta a seconda del momento della giornata in cui vengono serviti, del bicchiere utilizzato e dei componenti contenuti. Fondamentale è la “base” di un cocktail detta “struttura”. Si possono usare vodka, gin, tequila, rum, whisky a cui si sommano liquori e creme dolci o secchi, dipende da quanto aromatizzante viene aggiunto, come succhi di frutta e altre bevande soft.

Forse il cocktail più famoso è il ‘Negroni’, introdotto negli anni Venti aggiungendo al classico ‘Americano’ il gin. A Milano con il movimento del Futurismo si sovvertono le regole e tutto è lasciato al gusto e soprattutto alla fantasia del suo ‘miscelatore’. Oggi la tendenza è tornare all’antico, privilegiando una nota dominante che esalta percezione dolci, salate, amare e acide dando un ruolo importante all’ingrediente principale piuttosto che a gusti scomposti ed indefiniti.

Nomi di cocktails famosi sono Manhattan, Clover Club, Old Fashioned, Mimosa, Orange Blossom, Gin Rickey, Bentley, Caruso, Ramons Gin Fizz, Alexander, White Lady, Angel Face, ma ce ne sono molti altri. L’arte di fare cocktail, forse questa può essere una giusta definizione della mixology, al giorno d’oggi passa attraverso bartender d’eccezione capaci di creare miscele innovative utilizzando nuovi elementi come la birra unita a sapori capaci di esaltarne il sapori nascosti, spezie, verdura e spezie in gran quantità.

La birra in tutte le sue varianti, da quella artigianale alle più classiche, non può esimersi dall’essere oggetto di deliziosi abbinamenti per creare cocktails vegetariani a bassa gradazione. Lo stesso vale per il sakè, il vino di riso di origine giapponese (circa 15-16% di alcol in volume) con un gusto tutto da scoprire. Facile abbinarlo con verdure e frutta nella duplice versione calda o fredda che per qualcuno è la migliore.

Cocktails alcolici fanno male?

I cocktails alcolici contengono alcool in quantità diverse a seconda di come vengono preparati. Spesso sono bevuti anche dai giovani nei locali notturni ed è quindi lecito chiedersi se possano fare male e in che quantità sia possibile berli senza problemi. Secondo un recente studio pubblicato su Lancet l’alcool fa sempre male alla salute. Se l’astinenza non è una strada percorribile, le linee guida sottolineano di non superare un drink al giorno.

Sia che si tratti di birra, vino, o peggio di super alcolici, l’unico modo per prevenire i rischi comunque è starne alla larga. Chi non riesce cosa rischia? Gli studi sostengono che non esista un livello esatto di soglia pericolosa individuale e che anche i bevitori moderati abbiano una probabilità superiore di deterioramento di alcune regioni del cervello oltre i 70 anni di età. I problemi compaiono sempre con il passare dell’età.

Ma se l’alcool contenuto nei cocktail fa male, perchè berli? Per lo stesso motivo per cui la gente fuma sigarette malgrado tutto. Chi esce nei locali la sera non beve perchè ha sete, ma beve un Martini al banco per rilassarsi o per ingannare il tempo in attesa di un amico. Un long drink può sembrare energizzante, oppure il dolce sapore può fare dimenticare una brutta giornata in ufficio. E allora tanto vale dedicarsi ai cocktail analcolici.

Cocktail analcolici

Se i danni dell’alcol sono oramai sottolineati da molti studi, anche nel settore del beverage si respira una nuova aria. Nell’attuale ricerca di benessere e bellezza o di qualcosa di naturale, tra chi si dedica a vini biologici o beve frullati detox, c’è chi cerca qualcosa di gustoso e diverso da bere, non necessariamente alcolico. Cocktails analcolici sono sempre più serviti nei migliori locali del mondo, creati da barman esperti nel combinare i sapori per soddisfare i gusti di clienti sempre più esigenti.

In un cocktail analcolico tutto si gioca sui sensi, privilegiando ingredienti ricercati legati a un’idea di salute e qualità, equilibrando i sapori proprio come farebbe uno chef in cucina. Prodotti biologici coltivati nel giardino di casa, succhi freschi di barbabietola, sedano, carota, lime, sciroppo di zenzero sono alcuni degli ingredienti usati. Senza dimenticare le spezie più ricercate e le erbe aromatiche unite a frutta esotica e del sottobosco.

In questo caso non si tratta quasi più di bevande, ma di drink veg che assomigliano a cibo sia per sapore che come consistenza. Esistono mix di bevande fermentate come il kefir, la kombucha, tè verdi o alla frutta e ancora spremute vitaminiche. Non possono mancare varianti al gusto orientale con salsa wasabi, purea di fagioli di soia e foglie del basilico cinese, lo shiso. Nulla è scontato e la figura del barman è ancora una volta la più importante in linea con proposte insolite ed elaborate per gusti sofisticati.

Tra i più famosi cocktails vegetariani quelli proposti dal ristorante Hakkasan a Miami. Per circa 15 euro potreste provare un mix di foglie di shiso, marmellata di yuzu, succo di litchi con gin e lime. Oppure quello proposto dai barman del Grafton Hotel nel cuore di West Hollywood, che tra gli ingredienti utilizzano cavolo riccio, spinaci e cetriolo. Tornando in Europa un viaggio a Parigi vale un salto da Badaboum tra rosmarino e basilico e succo d’ananas.

Ricette di cocktails

Un cocktail può essere un intruglio senza senso o dare senso ad una giornata. Così come il sapore anche il nome nome dei cocktails più famosi è importante nello stimolare collegamenti con una propria identità personale. Donne e uomini bevono in modo diverso e possono lasciarsi condizionare da molti fattori che con il gusto hanno poco a che vedere. Se volete saperne di più ecco una rassegna di ricette, ingredienti e descrizioni dei più famosi drink.

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