Le canzoni più ascoltate in radio e streaming sono brani del passato. Mercato, comunicazione e tecnologia sembrano favorire gli artisti famosi e i cataloghi dei vecchi album di repertorio valgono una fortuna. Ma dov’è finita la nuova musica?

Musica e denaro sono sempre stati un binomio vincente anche sul piano artistico fino a quando con lo streaming il valore della musica registrata si è quasi azzerato. Tra le canzoni più ascoltate nuove e del passato però c’è una differenza. Il mercato discografico sembra impegnato ad alimentare il successo dei soliti noti piuttosto che fare emergere nuovi talenti. Perchè i vecchi artisti vengono privilegiati?

Ci sarà pure un motivo se da molti anni non nascono nuovi Vasco Rossi, Sting o Rolling Stones e se le canzoni più ascoltate sono sempre le stesse. Il mainstream domina sui social, tutto il resto sembra non esistere. Quando nel cielo musicale appare qualche meteora, si brucia in poco tempo. Ma se tanti giovani musicisti arrancano, le grandi star vendono il loro repertorio di canzoni per centinaia di milioni di dollari.

Indice

Canzoni più ascoltate

Quali sono le canzoni più ascoltate dai giovani oggi? Quelle dei grandi artisti che godono di una particolare sinergia tra alta visibilità in radio, click sulle piattaforme di streaming e numero di followers sui social. Cominciamo dalle radio che rimangono il principale mezzo di ascolto per il 90% delle persone. Le statistiche dicono che i network radiofonici favoriscono i vecchi brani di repertorio e trasmettono sempre le stesse canzoni.

Secondo i dati raccolti da Mediabase le 10 canzoni più ascoltate in radio oggi occupano il doppio del tempo rispetto a 10 anni fa. Perchè? Per non perdere o aumentare ascoltatori. Chi ascolta la radio in auto o a casa, solitamente ferma la sintonizzazione solo quando trova ciò che si aspetta, ovvero la canzone familiare e conosciuta, il successo del momento o un tormentone già ascoltato mille volte. Più le radio trasmettono brani famosi e più diventano popolari.

Gli stessi ascoltatori richiedono quel tipo di musica più commerciale che come abbiamo visto della ripetitività fa la sua forza decretando il successo della radio. Le stazioni specializzate in rock indipendente viceversa diminuiscono così come le canzoni dei nuovi artisti che ovviamente risultano penalizzate e hanno scarse probabilità di essere trasmesse, così come i cantanti di essere invitati nelle trasmissioni.

Dischi più ascoltati

Se le canzoni più ascoltate in radio sono sempre le stesse, anche i vecchi dischi a catalogo vendono più dei nuovi album. Secondo i dati della Fimi nello streaming gli album con oltre 18 mesi di vita rappresentano il 74% degli ascolti e oltre il 50% del fatturato. Il trend è in crescita in ogni parte del mondo e in America nelle classifiche musicali di Billboard vanno forte titoli come “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd o “Hotel California” degli Eagles.

Contribuiscono alla riscoperta dei grandi classici degli anni ’80 e ’90 social come Tiktok usati da ragazzini tra i 16 e i 24 anni che utilizzano i vecchi brani famosi come sottofondo dei loro video e non solo. Gli album evergreen scalano le classifiche appena sono utilizzati come sottofondi o colonne sonore di film e serie tv. Il risultato è che una manciata di artisti si prende buona parte del mercato. Il 99% dei guadagni delle canzoni più ascoltate in streaming riguarda solo il 10% di artisti presenti sui vari servizi.

Il consumo musicale dei giovani è molto diverso rispetto al passato. Scoprire nuova musica dovrebbe essere più facile con i servizi di streaming impegnati ad incentivare un maggiore consumo di canzoni per giustificare il prezzo degli abbonamenti. In realtà gli utenti sanno già benissimo cosa vogliono ascoltare e si appassionano ad un numero molto limitato di cantanti che vanno per la maggiore su ogni piattaforma reale o virtuale.

Se strateghi del marketing musicale e programmatori studiano compilation di brani per fare sport, studiare, cucinare o sonorizzare video, chi ascolta musica con lo smartphone salta molto frequentemente da un brano all’altro. Più che pensare all’opera completa di un artista, è propenso a farsi guidare distrattamente da playlist precompilate oppure finisce con il dedicarsi a quello che tutti ascoltano.

Musica e conformismo

Oggi l’umore della musica è più importate del genere e dell’artista, un pò come succedeva nella musica tribale. Le danze sono sempre servite ad evocare uno stato d’animo non a distinguere una persona. La tecnologia ci sta facendo regredire? Lo streaming musicale piuttosto che stimolare la curiosità sembra essere il trionfo del conformismo che non porta a nulla di buono, anche perchè non tutti gli utenti valgono allo stesso modo.

I più giovani cercano di ascoltare musica gratis senza abbonarsi. Questi flussi fanno guadagnare meno degli altri, quindi artisti e produttori devono piegarsi alle nuove leggi del mercato più che pensare a creare buona musica. Prima di tutto, per adattarsi a modalità di consumo musicale più superficiale e distratto, sono obbligati a fare uscire più singoli ed EP e meno album. Ma la musica ha bisogno di innovazione, novità e di spinte ideali per vivere.

La tanto decantata rivoluzione digitale, più che aprire spazi a nuovi artisti, idee e alla creatività che arriva dal basso, ha fatto precipitare le vendite musicali, spingendo nuove strategie di marketing pressanti che non lasciano scampo. Per le aziende private è normale considerare importanti gli ascolti a tutto vantaggio dei pochi artisti più fortunati e trasmessi che si arricchiscono con le royalties dei repertori.

Ovunque è necessario investire su un marketing pressante e concentrarsi su volti già noti. Basti pensare al mondo dello sport o ai protagonisti di successo nella politica. Se il calcio ha un pubblico infinitamente più grande di tutti gli altri sport definiti minori, non è certo perchè è lo sport più bello al mondo. Semplicemente tutti ne parlano, così gli sponsor investono enormi cifre sui personaggi calcistici e questo ciclo si perpetua all’infinito. Proprio come avviene nella musica online.

Il valore dei cataloghi musicali

Il risultato di questo nuovo conformismo musicale è che le vecchie canzoni di repertorio valgono molto di più dei brani recenti, anzi sono il vero valore dell’industria musicale. Tra canzoni e finanza c’è un rapporto sempre più stretto e alcune società finanziate da fondi di investimento stanno acquistando i cataloghi musicali degli artisti famosi per potere gestire licenze e accordi sui diritti e guadagnare dalle royalties e dallo sfruttamento delle registrazioni originali.

A Wall Street gruppi come Hipgnosisi Songs Fund o Primary Wave si sono aggiudicati i diritti editoriali delle opere di artisti e band storiche come Bob Dylan, Steve Nicks, Paul Simon, Neil Young, David Bowie per centinaia di milioni di dollari. Bruce Springsteen sembra abbia ceduto a Sony Music tutte le sue canzoni per oltre 500 milioni di dollari e la stessa cifra sembra stata messa sul piatto da BMG e Warner per il catalogo dei Pink Floyd.

Gli artisti vendono canzoni in blocco a prezzi 15-25 volte maggiori rispetto alla rendita annuale, mettendosi al riparo da qualsiasi problema che può riguardare la loro fama o l’andamento del mercato discografico e godendo di grandi benefici fiscali. Il flusso di denaro accumulato sui vecchi repertori è un ulteriore volano per il successo di brani, melodie o samples. La pratica di inserire vecchie melodie, riff e frasi musicali nelle nuove canzoni arriva dall’hip hop e non è certo una novità, ma oggi c’è tutto l’interesse a farlo anche nel pop, con buona pace dell’originalità e d ei piccoli artisti che faticano a sopravvivere.

Ricambio generazionale artisti

L’industria musicale tende ad investire risorse nei repertori, come abbiamo visto, o dove c’è già un artista di successo con un pubblico consolidato. I brani in classifica durano molto più tempo: Katy Perry oggi sta in classifica quasi tre volte più dei Beatles. Il ricambio generazionale non conviene a nessuno, ma solo le star più ricche possono fare fruttare i diritti o inventarsi qualcosa, un profumo o una linea di moda per monetizzare i milioni di followers sui social.

Il mondo della musica ha sempre generato nuovi artisti capaci di sfruttare al meglio l’occasione arrivando alla notorietà con una singola canzone prima di scomparire nel nulla. Ma anche questa tendenza nell’era dello streaming sta finendo: le famose stelle comete della musica sono destinate a scomparire. Non che questo possa causare un grosso danno dal punto di vista artistico, dato che la loro fortuna è stata quella di imbroccare un tormentone di successo.

Le one-hit wonder non ci sono più non per una maggiore consapevolezza da parte del pubblico, ma solamente per un diverso modo di fruire e veicolare la musica tra vendite e streaming. Il grafico riportato qui sotto, realizzato da priceonomics, rende molto bene l’idea del fenomeno partendo dal 1957, anno in cui Billboard Hot ha iniziato a stilare le sue classifiche, fino ad oggi. Ci sono sempre meno nuove canzoni più ascoltate nella hit 100, non certo per mancanza di materia prima, ma perchè gli artisti sono sempre gli stessi.

Interpolazione e riciclo musicale

Gli autori di musica leggera oggi sono incoraggiati dalle stesse case discografiche ed editori ad inserire nelle canzoni riferimenti più o meno velati a brani del passato, senza preoccuparsi di plagio e copyright. Senza considerare che mescolare strofe di testo e note originali o copiate può spingere il pubblico più giovane anche a scoprire gli originali spingendo ancora più in alto il guadagno in royalties dei repertori.

Per riciclare un vecchio brano serve l’autorizzazione dell’autore che comunque non può che essere contento che un suo pezzo venga ‘interpolato’ da un artista di successo e magari ascoltato milioni di volte in streaming, nei programmi TV e radio e cantato in tour. Se al pubblico piace riconoscere una vecchia canzone famosa e orecchiabile, figuriamoci all’autore, magari ottant’enne, o agli eredi.

Sono finiti i tempi in cui gli avvocati speculavano sui presunti plagi chiedendo danni milionari. Oggi nell’interpolazione vale tutto, sia riciclare melodie famosissime che subito saltano all’orecchio, che vecchi brani che magari non hanno avuto il successo meritato. Sta di fatto che i maggiori editori del mondo stanno duplicando l’utilizzo di vecchi brani a catalogo e potenziando gli uffici dedicati alla scoperta dei brani migliori per essere interpolati da artisti e autori.

Se il plagio è richiesto, la creatività dove finisce? Anche  andando al di là delle aride cifre è inutile negare una rivoluzione in atto anche dal punto di vista sociale e culturale. La musica ha avuto sempre un ruolo importante nell’interpretare speranze, cambiamenti ed entusiasmi. Se viene meno la capacità della musica di essere fucina di talenti e creatività, si inaridisce anche la sua visione sul futuro.

Algoritmi e gusti del pubblico

Canzoni scritte copiando i successi del passato o la cultura delle playlist e del sottofondo ad hoc è ovvio che non possano creare identità come un tempo in cui si puntava sulla forza di un determinato artista. Oggi é l’intelligenza artificiale a decidere cosa proporre di nuovo agli utenti. Gli algoritmi delle piattaforme hanno preso il posto delle major che una volta gestivano l’intera filiera della musica e hanno grande influenza nel decidere come veicolare il pubblico.

La tecnologia oltre a semplificare la vita dovrebbe aumentare le opportunità. Nella musica ha cambiato il modo di registrare e creare canzoni, tutti possono farsi vedere su YouTube ma nessuno sembra più volere investire tempo e denaro per coltivare il talento. Gli artisti famosi non hanno mai sfornato le loro migliori canzoni al primo o secondo disco, ma spesso molto più avanti, seguiti da produttori capaci di seguirne la crescita artistica.

Se nello streaming le canzoni più ascoltate sono sempre le stesse non è solo per una questione di pigrizia e mancanza di curiosità del pubblico, ma perchè l ‘industria musicale segue il denaro che oggi favorisce i soliti noti molto più che al tempo di cd, mp3 o lp: sono gli artisti nella top 10 ad ottenere la maggioranza di ascolti. I nuovi talenti come potrebbero avere maggiore visibilità nello streaming?

Piuttosto che aprire nuovi orizzonti oggi i flussi delle piattaforme musicali sono decisi da sistemi automatici progettati per trattenere gli utenti all’interno di un perimetro definito di sonorità e gusti musicali. La personalizzazione dei servizi musicali rende molto facile approfondire determinati generi o artisti, ma è sempre più difficile scoprire nuova musica ed uscire dalla propria bolla.

La bolla dello streaming

Utilizzando le piattaforme musicali il rischio è finire in una specie di gabbia ascoltando sempre gli stessi generi, artisti e canzoni. La bolla dello streaming è un problema artistico e culturale. In qualsiasi mercato la concentrazione di potere non favorisce mai lo sviluppo sul piano economico, creativo e sociale. Gli algoritmi possono suggerire canzoni ma non comprendono le emozioni della musica che non è un prodotto qualsiasi da vendere in modo iper targhettizzato.

Spotify lo ha capito è ha la funzione Fresh Finds che, come suggerisce il nome, permette di trovare nuova musica prodotta da artisti ed etichette indipendenti. Per uscire dalla bolla dello streaming e scoprire nuovi artisti si possono usare alcune strategie che rendono più difficile fare identificare i nostri gusti musicali agli algoritmi. Non si dovrebbe ad esempio ascoltare musica direttamente dalle playlist preconfezionate, ma piuttosto farsi consigliare da amici e riviste di musica seguendo le classifiche musicali anche divise per genere.

I produttori per farsi trovare nei cataloghi musicali oggi devono essere esperti di Seo (search engine optimization) e utilizzare le stesse strategie utilizzate da portali e negozi online per essere primi sui motori di ricerca. Gli artisti devono sapere scegliere con cura i titoli delle canzoni ed i metadati con i credits. Serve importanti i nomi d’arte così come generi e informazioni che potrebbero aiutare un artista sconosciuto a farsi trovare.

La forza del pubblico

Piccoli e medi artisti faticano sempre di più ma la colpa non è solo dell’industria musicale. Il pubblico sottoposto ad una offerta di musica liquida sconfinata e destabilizzante vuole essere coccolato con abitudini musicali consolidate. E allora la radio, per non perdere ascoltatori non crea più tendenze, ma offre ciò che vuole il pubblico, ovvero sempre gli stessi artisti e canzoni famose. Insomma il circolo si auto alimenta.

Se l’industria della musica prende spunto dal cinema e offre sequel a ripetizione, sta al pubblico scegliere cosa ascoltare, cercando novità interessanti nello sterminato panorama della musica online. Bisogna confidare nella curiosità dei giovani, ma ancora una volta su YouTube o TikTok c’è chi si diverte a scoprire la vecchia musica. I gemelli Williams ad esempio hanno portato al successo un canale YouTube commentando brani famosi di un passato recente in cui non erano ancora nati.