
Quando è nato il calcio femminile in Italia, qual è la sua storia ed evoluzione? Mentre le squadre di serie a si sfidano in coppe e trofei nazionali e mondiali, i tifosi riempono gli stadi per vedere giovani giocatrici professioniste e arbitre sempre più brave e competitive
Da sempre si considera il gioco del pallone uno sport da maschi e fino a poco tempo fa il calcio femminile in Italia non era minimamente considerato da media, giornalisti, sponsor e quindi dagli appassionati. Oggi però le cose stanno cambiando, le donne che giocano a pallone sono uscite dai campetti di periferia e hanno trasformato questo sport in un vero e proprio lavoro per calciatrici professioniste.
Il calcio femminile in molte nazioni non solo è molto praticato da molti anni, ma ha un pubblico fedele, per buona metà composto da donne e ragazze, che genera un notevole indotto economico. C’è da scommettere che anche in Italia i tifosi cambieranno idea quando si cominceranno a vedere i marchi dei grandi sponsor sulle magliette delle calciatrici. Ma da quando le donne giocano a pallone e come si sta evolvendo il settore?
Indice
- Storia calcio femminile
- Calcio femminile italiano
- Calcio donne e società
- Calcio femminile e soldi
- Arbitri donne
Storia calcio femminile
Il calcio femminile a livello europeo è nato in Inghilterra. Sembra che la prima partita venne giocata nel 1881, ma la prima vera sfida organizzata tra squadre di calciatrici donne si svolse a Preston, agli albori della prima guerra mondiale, in una fabbrica di munizioni. Le sfide riguardavano anche i maschi, ma per vedere la squadra di sole donne della Dick Kerr Ladies sugli spalti di Liverpool nel 1920 accorsero oltre 50 mila persone.
Il calcio femminile inglese ottenne un successo inaspettato e in breve tempo si diffuse in tutta Inghilterra. Nacquero vari tornei con 150 squadre e partite che arrivarono oltremare, fino a Parigi. Fu così che i maschi della Football Association, forse preoccupati dai risvolti sociali del fenomeno, nel 1921 pensarono di impedirne la pratica. Dissero che era inadatto alle donne e non se ne fece più nulla per 40 anni, fino a quando nel 1960 lo spirito pionieristico delle giocatrici si rifece vivo.
Oggi il calcio femminile inglese può vantare di una federazione molto attiva, squadra competitive e di numerosissimi tifosi. Dei campionati di serie a femminili piacciono la sportività, l’assenza di doping, intrallazzi, scandali o scommesse che viceversa colpiscono il calcio maschile. A livello mondiale giocano 30 milioni di calciatrici che per la metà sono canadesi o americane. In America il giro d’affari supera già quello degli uomini.
Nella finale di Coppa del mondo di calcio femminile in Francia gli stadi erano esauriti e gli incontri sono stati visti in tv e sul web da 1,2 miliardi di persone in 124 paesi. Ogni anno milioni di spettatori assistono anche agli incontri di Champions League. Tv internet e social hanno portato nel mondo del pallone rosa i grandi sponsor per un mercato potenziale che secondo Brand finance a livello mondiale vale 1 miliardo di dollari.
Calcio femminile italiano
La storia del calcio femminile italiano è un pò diversa. Il vento proveniente dall’Inghilterra ha fatto scendere in campo alcune ragazze anche in Italia già prima della guerra. Tutto però è rimasto nell’ombra fino al 1968, quando a Viareggio è nata la prima Federazione Italiana, ancora come fenomeno di nicchia. Nel 2000 le calciatrici italiane tesserate erano ancora poche, circa 10 mila contro le centinaia di migliaia inglesi o i milioni di ragazze americane.
Dal 2013 anche in Italia si è cominciato a promuovere il soccer rosa a livello istituzionale e le iscritte alla Federcalcio sono diventate 25 mila. Da quando i maggiori club maschili di serie a hanno l’obbligo di avere anche una sezione femminile nelle giovanili under 12, il livello tecnico della Serie A italiana é aumentato ma è ancora inferiore rispetto agli altri paesi europei.
D’altronde il calcio femminile italiano é riconosciuto come sport professionistico solo dal 1 luglio 2022. Se media e giornali fino ad oggi sono stati ancora tiepidi, la trasmissione delle partite in televisione ed internet in streaming su Dazn sta diffondendo lo sport ad ogni livello della società. Anche i risultati sono migliorati e la nazionale italiana è arrivata ai quarti di finale ai mondiali di Francia.
Calcio donne e società
La diffidenza del calcio femminile italiano è dovuta anche al retaggio culturale sui ruoli della donna nella società. Sia che si tratti di studio che di lavoro o sport, ci sono stereotipi comportamentali che cominciano dalle famiglie e che impiegano molti anni per essere scalfiti. Se anche per le donne nella musica le differenze si fanno sentire, un esempio di emancipazione arriva dalla possibilità che da poco hanno le madri di dare il proprio cognome ai figli.
Giocano a pallone tante donne nei paesi nord europei dove la donna è più emancipata dal punto di vista sociale, economico, politico. L’Italia è sempre stato il fanalino di coda insieme a Spagna, Grecia e Portogallo, con poco più di 20 mila calciatrici tesserate, mentre in Germania ci sono 250 mila calciatrici seguite numericamente da Inghilterra, Olanda, Danimarca, Turchia e Francia. Gli investimenti hanno un parte importante nel favorire i cambiamenti e pochissimi piccoli club pagano donne e uomini allo stesso modo.
Il calcio femminile è però un grimaldello per scardinare preconcetti e pregiudizi e dare fiducia alle bambine e alle ragazze sulla possibilità di costruire una società più aperta, libera e solidale. E’ sempre più frequente vedere bambine giocare a palla con i maschi nei cortili delle scuole elementari. Le pari opportunità cominciano dalle parole, ma il ruolo della donna nella società cambia con i fatti e non è escluso che le vecchie battaglie culturali e sociali del femminismo si possano combattere e vincere anche facendo goal sui campi di calcio.
Calcio femminile e soldi
Dopo essersi battute per scendere sui campi di pallone, l’ultima sfida delle donne è entrare nei consigli di amministrazione delle società di calcio per avere lo stesso peso decisionale su investimenti, aspetti tecnici e salute. Le scarpe delle donne ad esempio devono avere una forma diversa e adattarsi alla biomeccanica femminile e anche l’alimentazione dovrebbe essere diversa rispetto agli uomini, come gli allenamenti.
Il mondo del calcio femminile è molto in ritardo rispetto a quello maschile che é una collaudata industria che può vantare decine di anni di ricerca e business. Le difficoltà non mancano e se in grandi squadre femminile inglesi come l’Arsenal le donne arrivano a guadagnare quasi 200 mila euro all’anno, le piccole squadre faticano a mantenersi e molte calciatrici giocano ancora più per passione che per professione.
I grandi club hanno l’opportunità di entrare in un mercato nella fase iniziale. Più crescerà la qualità dell’offerta di calcio femminile e più aumenteranno gli sponsor, l’interesse del pubblico e gli introiti delle società. La stessa cosa è successa per altri sport femminili come il tennis, lo sci o il golf dove già le donne guadagnano come gli uomini. Gioca a favore il fatto che sui campi delle donne esistano comunità solidali e manchino violenza e aggressività.
Arbitri donne
Capitolo a parte del calcio femminile, ma non meno importante per combattere i vecchi stereotipi, è quello relativo alle arbitre. Il ruolo dell’arbitro non è mai stato semplice, dovendo fare scelte che spesso creano polemiche o addirittura violenze dentro e fuori dal campo tra i tifosi. Quando sono le donne a dirigere le partite di calcio maschile tutto si complica ulteriormente. In Italia ci sono più di 1600 fischietti rosa, ma specie sui campetti di provincia sono migliaia gli episodi negativi che devono subire.
Secondo l’Osservatorio Violenza dell”Associazione italiana arbitri, le arbitre sono spesso soggette ad insulti di ogni tipo se non a vere e proprie aggressioni e minacce. Ovviamente si tratta di un problema socio culturale che va affrontato fin da bambini. I grandi club che hanno vivai femminili stanno facendo molto per cambiare mentalità e le cattive abitudini dei maschi anche in questo senso. L’obiettivo è recuperare uno spirito sportivo leale e sereno, che ha consentito all’arbitra francese Stephanie Frappart di arrivare a dirigere la finale di Supercoppa maschile Liverpool Chelsea.