
Il rapporto tra arte e tecnologia sta trasformando il vecchio concetto di museo del ‘900. I musei del futuro saranno luoghi di aggregazione aperti a tutti per conoscere, sperimentare e divertirsi tra realtà aumentata, virtuale e percorsi interattivi tra web e digitale
Arte e tecnologia sono due mondi apparentemente lontani ma sempre più legati nella valorizzazione del patrimonio culturale e artistico dell’uomo. Lontani dal concetto di fruizione dell’opera novecentesco, oggi esistono nuovi strumenti e linguaggi studiati su misura per agevolare la comprensione di quadri e sculture e soddisfare un numero di visitatori e appassionati sempre maggiore e vario per età e competenza.
Il rapporto tra arte e tecnologia cambia il modo di stare in museo. Se su internet la visione di un’opera d’arte può precedere quella reale o addirittura sostituirla, la sfida dei musei del futuro è mischiare emozioni e tecnica utilizzando nuove tecnologie comunicative, installazioni multimediali, video che arricchiscono e trasformano una semplice visita di approfondimento culturale in un’esperienza a 360 gradi che coinvolge sul piano emotivo e fisico.
Indice
- Arte e tecnologia
- Visite virtuali di musei
- Musei multisensoriali
- Musei d’arte digitale
- Installazioni partecipative
Arte e tecnologia
L’idea passiva dei musei del novecento che partiva dalle accademie per mostrare, contenere, irregimentare o vendere qualcosa sta per finire. Anche nelle sale museali è arrivata la voglia di protagonismo dei social, trasversale ad ogni fenomeno culturale e artistico, che comincia dai selfie e finisce nei video su Youtube. Mischiare arte e tecnologia significa trasformare le isole del sapere in nodi relazionali favorendo la partecipazione del pubblico.
Tutti i musei più famosi del mondo per attrarre pubblico e incrementare i biglietti venduti oramai interpretano il rapporto tra tecnologia e arte con percorsi interattivi ed emozionanti. Quadri, installazioni e sculture si vedono dal vivo o attraverso dispositivi personali indossabili, ologrammi, visori, console sempre più sofisticati che eliminano il confine tra reale e digitale fino alla cripto art nella blockchain.
L’arte contemporanea usa le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale fin dalla creazione dell’opera. Se il museo ha definitivamente perso l’alone di sacralità diventando un luogo di incontro e gioco aperto a tutti, per non trasformare tutto in un videogioco serve un nuovo equilibrio tra tecnologia e arte considerando i bit come mezzo e non fine. Il discorso diventa più impegnativo e ricco di suggestioni quando in campo c’è l’arte contemporanea di difficile comprensione.
Nel caso del collettivo Teamlab ci sono artisti, scienziati, architetti e programmatori che utilizzano pixel come vernice mescolando suoni, luci ed effetti speciali. L’esempio italiano è lo Studio Azzurro, un gruppo di professionisti impegnati nell’esplorazione delle possibilità poetiche ed espressive delle nuove culture tecnologiche.
Visite virtuali di musei
Il rapporto tra arte e tecnologia è destinato a crescere ancora se pensiamo all’importanza delle immagini e della comunicazione sugli smartphone. Osservare qualche minuto un’opera d’arte in silenzio, senza essere disturbati in un dialogo con se stessi, sembra appartenere al passato. Molto più comodo e immediato ascoltare, guardare, giocare con immagini al computer e lasciarsi trasportare dai sensi in un’altra dimensione.
Sul web esempi come il Google Cultural Institute permettono di ammirare opere d’arte custodite nei maggiori musei internazionali. Basta uno smartphone per visitare virtualmente le sale espositive, indagare, osservare e ingrandire fin nei minimi particolari. Ognuno può creare e condividere la propria galleria. L’obiettivo del rapporto tra tecnologia e arte è coinvolgere materialmente lo spettatore, rendere l’opera interattiva laddove già non lo fosse. Installazioni artistiche su larga scala sono elaborate da menti geniali per un pubblico sempre più ampio.
A metà tra arte e tecnologia virtuale esistono dispositivi indossabili come il Meta Quest che rendono le esperienze immersive. Si parte dalla simulazione di percorsi e visite virtuali che consentono al visitatore di conoscere più da vicino la storia che lo circonda e di approfondire le tematiche preferite, fino all’esplorazione di mondi illusori, fantastici. Inoltre non mancano giochi, filmati e percorsi interattivi ad allietare la permanenza all’interno dei musei che nel caso della National Gallery di Londra arrivano ad utilizzare il proprio smartphone con l’app Smartify.
Musei multisensoriali
Nel nuovo rapporto tra arte e tecnologia la sfida è eliminare le barriere tra visitatore e opera per una nuova esperienza multisensoriale. La ricerca è rivolta all’integrazione tra immagine elettronica e ambiente fisico, con lo spettatore al centro del percorso percettivo. Il semplice toccare, calpestare ed emettere suoni, modifica in qualche modo ambienti definiti ‘sensibili’. Video ambientazioni, installazioni e sistemi interattivi sono in continua evoluzione pronti ad inaugurare nuove modalità di fruizione dei musei.
Per aggiungere questo risultato nei musei interattivi multisensoriali si utilizzano allestimenti che interagiscono tra loro e con altri impianti, sistemi 4D di ultima generazione, maxischermi touch e touchless oltre ai già citati visori per la realtà virtuale capaci di rivoluzionare i tradizionali sistemi di comunicazione fino a consentire ai non vedenti di ‘sentire’ la pittura. Copie in rilievo fedeli agli originali di quadri famosi sono ad esempio state esposte in una mostra al Museo del Prado (Hoy toca el Prado).
Con particolari processi di stampa e una tecnica chiamata Didu, sono state create immagini a rilievo a colori a partire da una foto ad alta risoluzione dei dipinti. Inchiostri speciali e processi chimici sono gli ingredienti fondamentali per una buona riuscita di una sfida tecnologica a favore della disabilità per il futuro nei musei di tutto il mondo. Il non vedente può così percepire con il tatto le variazioni cromatiche dell’opera. Al Metropolitan Museum of Art di New York, alla National Gallery di Londra o al Louvre di Parigi è possibile partecipare a visite e laboratori ‘tattili’ che consentono di toccare le copie di alcune sculture famose.
In Italia la Galleria degli Uffizi a Firenze dispone di un’intera sezione didattica dedicata ai non vedenti e da anni partecipa con una versione in scala ridotta del metodo del Prado 3D. Ha creato alcune copie di capolavori, come ad esempio “La nascita di Venere” di Botticelli che compare in bianco e nero. Altro è il progetto di mostra tattile Pittura in punta di dita creato dagli studenti di un Liceo Artistico di Firenze con copie realizzate a bassorilievo di alcune opere del Cinquecento e del Seicento con testi in Braille e colore per agevolare gli ipovedenti.
Musei d’arte digitale
La sala degli Abissi dell’Acquario di Genova è tra i primi esempi di installazione permanente di realtà virtuale in Italia che permette al pubblico di scendere nei fondali marini. Alle Gallerie dell’Accademia di Venezia invece si “entra” nei quadri. In occasione dell’inaugurazione della nuova sala museale è stato possibile calarsi nella storia e abbandonarsi agli eventi in un percorso di apprendimento di grande impatto. Il campo dell’archeologia è un altro canale che si presta alla sperimentazione.
Al Museo dei Fori Imperiali a Roma il visitatore ha potuto avvicinarsi alle opere seguendo le fasi della restaurazione per conoscere nei minimi particolari la storia del museo grazie al dispositivo Glass Beacon. Si tratta di un sistema di comunicazione senza fili che utilizza dispositivi bluetooth capaci di trasmettere contenuti multimediali di ultima generazione. In America sono utilizzati anche nella pubblicità anche se il museo rimane il canale preferenziale.
Il Giappone è all’avanguardia con la proposta del Mori Building Digital Art Museum di Tokio che vanta un’esposizione permanente di 10 mila metri quadrati. Unico nel suo genere, tra le mura è possibile vivere esperienze digitali straordinarie come camminare dentro le opere ed emozionarsi di fronte a forme e colori. L’Art Balad Culture Square sta per essere costruito a Gedda, in Arabia Saudita, mentre a Milano nascerà il Mad, museo dell’arte digitale.
Installazioni partecipative
Sempre per coinvolgere il pubblico, laddove non arriva la tecnologia c’è la sua partecipzione diretta all’opera d’arte. Vladimirov Yavachev Christo è un famoso artista americano di origine bulgara, ricordato per i suoi ‘impacchettamenti’ artistici realizzati a partire dagli anni ’60. Ha voluto tornare in Italia dopo quarant’anni di assenza (l’ha sempre adorata, dice) per cercare un lago tranquillo e civile dove realizzare una nuova installazione lunga 3 chilometri che ha unito una sponda all’altra del Lago d’Iseo con pontili galleggianti sostenuti da 200 mila cubi in polietilene.
The Floating Piers si poteva ‘sentire’ direttamente sotto i piedi, con il movimento dell’acqua. Bastava passeggiare tranquillamente su ampi pontili galleggianti, larghi 16 metri e profondi 50 centimetri, rivestiti da un tessuto tecnico di colore giallo riciclabile. Senza dimenticare lo spettacolo regalato dalla luce a contatto con il colore giallo cangiante che si trasforma in rosso sulla superficie dell’acqua. L’opera ha richiesto un lavoro di preparazione di parecchi mesi e costi esorbitanti per soli 16 giorni di apertura al pubblico. L’affluenza è stata memorabile con più di un milione di visitatori.
Un altro esempio di installazione partecipativa è On Space Time Foam. Costituita da tre livelli di pellicole trasparenti, è stata creata dall’artista Tomas Saraceno per essere toccata, calpestata e vissuta dal pubblico. All’interno dell’Hangar Bicocca a Milano si presentava come una gigantesca bolla d’aria che arrivava fino a 34 metri d’altezza. Il pubblico era il vero protagonista, invitato a togliersi le scarpe e a interagire camminando e saltando sulla stessa struttura sospesa al pari di un materassino gonfiabile trasparente.
Un altro esempio è il progetto denominato Aerocene che pone l’attenzione allo spazio dove si bruciano cifre incredibili di idrocarburi. La soluzione alternativa è creare una struttura gonfiata ad aria e trasportata dal vento, una specie di mongolfiera come un pallone nero, che si muove grazie all’energia solare. Una sola persona si trova agganciata alla struttura sempre controllata da funi trattenute dallo staff dell’artista in uno spazio immenso, nel New Mexico presso le White Sands Dunes, lo stesso luogo dove è atterrato lo Shuttle negli anni ’80.